Virginia Galante Garrone e la scuola che non c'è più
Il frutto che viene «dopo il fiore» è costretto ad appassirne la promessa, perché solo attraverso la morte del fiore – e dunque attraverso la sua sublimazione – se ne può realizzare il destino. Il verso dantesco («E vero frutto verrà dopo ’l fiore») indica la promessa compiuta, i conti che la memoria può fare di una vita passata nella scuola, come quella di Virginia Galante Garrone, che qui raccoglie i ricordi delle sue scuole: le scuole frequentate come alunna, le scuole frequentate come docente, qualche cenno di metodo, qualche idiosincrasia o mania confessa. Con stile semplice e toccante, lieve e allo stesso tempo raffinato, la professoressa, collega di Carlo Dionisotti a Torino, rievoca il primo appello, la prima classe, il primo precetto impartito agli alunni («Guardare intorno a sé, imparare a vedere; e poi farlo vedere agli altri»), ironizza sui suoi primi colleghi (o sulle sue colleghe) di ferro, ma confessa soprattutto la prima emozione dell’“entrare” in un’aula.
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