Julian Zhara, è nato un poeta
Da "Il Fatto quotidiano", Veronica Tomassini su Vera deve morire di Julian Zhara
«Le sue intuizioni sono bilingue, folgoranti, impregnate di nostalgia. Così è in questo evocativo e tragico “Vera deve morire”, dove si consuma l’amore nell’impossibilità di realizzarlo, il soggetto terzo, tra due corpi che rifuggono o rifulgono. Il poema si suddivide in quadri, che Julian chiama canti. Noi dovremmo vedere Vera, la sua bocca agitare sillabe, muoversi in differita, sparire come nei sogni, in dissolvenza, come in certi film, il frame sbagliato»
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«Le sue intuizioni sono bilingue, folgoranti, impregnate di nostalgia. Così è in questo evocativo e tragico “Vera deve morire”, dove si consuma l’amore nell’impossibilità di realizzarlo, il soggetto terzo, tra due corpi che rifuggono o rifulgono. Il poema si suddivide in quadri, che Julian chiama canti. Noi dovremmo vedere Vera, la sua bocca agitare sillabe, muoversi in differita, sparire come nei sogni, in dissolvenza, come in certi film, il frame sbagliato»
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Vera deve morire
di Julian Zhara
editore: Interlinea
pagine: 64
«parole semplici, poche, dentro la bocca / come il picchiettìo del rubinetto / chiuso male»
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