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Poesia: Valeria Rossella

Recensione di: Quello che vedo
04.03.2022
Quello che vedo Da "Blow up", su Quello che vedo di Valeria Rossella

«La presente silloge, Quello che vedo, conferma una singolare potenza espressiva: il titolo potrebbe indurre a pensare a uno sguardo eminentemente denotativo, magari poi fermentato dal lievito di un'ironica saggezza aperta al mistero delle cose un po' al modo della Szymborska. Niente di tutto ciò (viene semmai da pensare a un tardo Sereni strappato ai suoi immediati dintorni da un'inedita spinta visionaria): la perspicuità sintattica e semantica (ma non di necessità lessicale: si nota anzi una certa predilezione per i lemmi rari o foresti) non impedisce a questa poesia, di ineccepibile rigore fonetico e ritmico pur nella libertà delle forme, di alzare il tono e di corteggiare, dai saldi perimetri della misura, la vertigine della dismisura.»

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Quello che vedo

di Valeria Rossella

editore: Interlinea

pagine: 72

Delle cose che il poeta vede e che hanno pari grado di esistenza ma si manifestano diversamente: è ciò di cui parla questo libro di poesia perché è la ragione della poesia stessa. Le visibili passano per i sensi, le invisibili amplificano la realtà, tanto che «la realtà cambia di grado e sale / rapidamente una febbre nelle immagini». È allora una giostra struggente come la vita che, nel suo inarrestabile moto perpetuo, ci restituisce un eterno presente, dove schizzo dal vero e visione convivono: «Vengono a trovarmi gli amici, ma da giovani, / emergono dal permafrost degli anni, / sgranati nel temporaneo disgelo», nella certezza che «il vecchio dio cieco ci vede come ombre» e che, infine, «il grido / che annuncia l’alba pare di un uccello / invece è il tempo che piange ininterrotto».

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