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Terre che piangono, di Susan Kiguli: la necessità della parola, la resistenza del corpo, la poesia delle madri

Recensione di: Terre che piangono
30.05.2024
Terre che piangono Da "Treccani", Alessandro Triolo su Terre che piangono di Susan Nalugwa Kiguli

«L’intero discorso in versi di Kiguli si articola, perciò, sulla necessità della parola. «Ci sono poeti che diventano voce degli altri, delle loro storie, del loro esserci o esserci stati. Poeti che si fanno memoria, testimonianza, cronaca. E che utilizzano la poesia come antidoto alla dimenticanza e per (con) profondo senso di gratitudine. Questa è Susan Kiguli e questa è la sua arte: fare della parola poetica strumento di ricordo (mai rimpianto) e di riconoscenza»: così scrive nella prefazione Antonella Sinopoli, curatrice della raccolta e fondatrice del progetto AfroWomenPoetry. Il libro è suddiviso in tre sezioni: Terre che piangono, Amici e memorie e I miei luoghi, la mia cultura».

Terre che piangono

di Susan Nalugwa Kiguli

editore: Interlinea

pagine: 184

Susan Kiguli, poetessa ugandese pubblicata qui per la prima volta in Italia, ha una peculiarità: parla degli orrori - come il genocidio del 1994 in Rwanda o le violenze nel suo paese - con uno sguardo severo che nello stesso tempo rifiuta la rabbia cieca. Uno sguardo e una parola che rimangono teneri e avvolgenti: «Ti ho osservata / con il curioso interesse di una bimba confusa / mentre hai incarnato la filosofia sopravvivi e vinci / sono convita che / se imparassi queste lezioni e le apprendessi bene / avrebbe inizio una rivoluzione / una rivoluzione per sostenere / la splendida nella quale sono nata». Edizione per il premio del festival internazionale di poesia civile di Vercelli a cura di Antonella Sinopoli con traduzione di Marta Zonca.

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