Con Carrai inseguendo la speranza

«Nella nuova raccolta di Stefano Carrai il titolo Equinozio (prefazione di Clelia Martignoni) rimanda agli ultimi fuochi estivi, a un'esistenza che ha raggiunto lo zenit dell'esperienza. Il ruolo centrale lo svolge il soggetto lirico nella progressione di un "attraversamento memoriale" della storia italiana dal dopoguerra al Covid, come sottolinea Martignoni. Sbaglieremmo, però, a considerare la silloge di Carrai terza, dopo La traversata del Gobi (Aragno, Premio Viareggio, 2017) e Il tempo che non muore (Interlinea, 2012) frutto di un'esclusiva quanto introflessa effusione mnestica dell'io.»
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Il tempo che non muore
di Stefano Carrai
editore: Interlinea
pagine: 92
Una plaquette, quella di Stefano Carrai, che, come scrive Luigi Surdich, «si propone come esordio poetico sorprendente, di assoluta qualità, ancor più rimarchevole perché le risorse di singolarità espressiva e originalità formale spiccano al cospetto di un patrimonio tematico di consolidata frequentazione», che è quello, principalmente, degli affetti e dei ricordi. "Il tempo che non muore" è, infatti, il tempo che racchiude l’esistenza privata, ma anche quello degli altri e quello della storia collettiva. Il poeta tenta quindi di ricomporre la frantumazione delle esperienze e di proporre non solo indicazioni di sopravvivenza, ma di persistenza e di accoglimento nella durata. E questo percorso si nutre in modo esclusivo di materiale del vissuto, in una dialettica continua tra universo individuale e mondo esterno, in coerente rispetto di una nozione della poesia come evento sempre strettamente legato all’esperienza: «che è il solo modo di recuperare situazioni, figure, presenze care e potere laicamente, nell’atto del congedo e nel persistere dell’adesione alla memoria, di non caricarsi della colpa di chi resta e di non dire per sempre addio».
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