Julian Zhara, “la poesia è nell’ascolto”
«La poesia necessita più di ascolto o di essere ascoltata?
Ti rispondo con un aneddoto. Due tre anni fa, in un periodo di grosso nervosismo e di chiusura, becco nella fermata del vaporetto (abito a Venezia e ci si muove anche così) il gestore di uno dei più bei ristoranti della città, ex bassista professionista e oggi dedica il suo impegno a La Riviera: GP. Mi chiede come va con le poesie e gli rispondo che sta città non dà più stimoli. Ma no, invece – risponde. Ascolta: le onde, mettiti in ascolto: l’imbarcadero che scricchiola, la catena sulle briccole, i passi la sera, l’inflessione delle parlate, quasi tutte le lingue del mondo. Ascolta. Poi ci salutiamo e la sera stessa, tornato a casa tardi, mi dico che ero stato proprio uno scemo, così contratto (uso un parallelo muscolare) da essermi chiuso a tutta la musica che c’era intorno. E sulla suggestione della catena sulle briccole, che si aggrappa disperata quando c’è bassa marea, e il lamento che sembra uscire a ogni onda, che pare il glissato di viola di Cale in Venus in Furs, ho scritto la mia villanelle “Continuo ad aggrapparmi disperato ai tuoi fianchi”. La poesia è nell’ascolto, per rispondere alla tua domanda.»
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