L'amore nella distanza della scrittura
Da "La Nuova di Venezia e Mestre", Roberto Lamantea, su Vera deve morire di Julian Zhara
«Tutto questo rigore della scrittura si traduce in un libro affascinante. Il lavoro stilistico non toglie, anzi dona, naturalezza al testo: la pagina di Julian è una action poetry, è una parola danzata non cantilenata. Anche Vera deve morire è un tessuto di variazioni sul tema e uno dei cuori incandescenti del libro è, inevitabilmente, l'identità: anche l'amore ha bisogno di una lingua per dirsi: "La nostra condanna forse sta proprio qua: / nel vederci chiaro in assenza della vista, / delle parole sapere solo lo scarto, / e quanto a noi due, soltanto la distanza".
A pagina 13 c'è un verso che è un capolavoro: dopo una festa in salotto ci sono "bicchieri dispersi come momenti di gioia situati a caso"».
«Tutto questo rigore della scrittura si traduce in un libro affascinante. Il lavoro stilistico non toglie, anzi dona, naturalezza al testo: la pagina di Julian è una action poetry, è una parola danzata non cantilenata. Anche Vera deve morire è un tessuto di variazioni sul tema e uno dei cuori incandescenti del libro è, inevitabilmente, l'identità: anche l'amore ha bisogno di una lingua per dirsi: "La nostra condanna forse sta proprio qua: / nel vederci chiaro in assenza della vista, / delle parole sapere solo lo scarto, / e quanto a noi due, soltanto la distanza".
A pagina 13 c'è un verso che è un capolavoro: dopo una festa in salotto ci sono "bicchieri dispersi come momenti di gioia situati a caso"».
Vera deve morire
di Julian Zhara
editore: Interlinea
pagine: 64
«parole semplici, poche, dentro la bocca / come il picchiettìo del rubinetto / chiuso male»
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