I premi letterari in Italia non godono di buona fama. Sono troppi, sono troppo chiacchierati, raramente premiano chi se lo merita, e spesso non servono soltanto alle fortune dei premiati, ma anche ai giochi di potere dei giudici e degli editori». Sono le parole lapidarie di Gian Carlo Ferretti – lo storico dell’editoria, maestro di tanti studiosi e ricercatori – contenute nel testo La gran giostra dei premi. Questo e numerosissimi altri saggi, tra inediti e rielaborazioni, sono raccolti nel volume Il marchio dell’editore, autobiografia intellettuale, personale e collettiva, di Gian Carlo Ferretti. D’altronde, come dargli torto? L’ossessione del premio letterario è ormai un carattere di fondo della letteratura, soprattutto narrativa, italiana. Eppure, per valutarne appieno la capacità selettiva e l’autentico valore culturale, osserva lo studioso, «nel riconoscere il valore di un’opera o di un autore, basta un parziale elenco degli esclusi. Non hanno mai vinto il premio Strega Gadda, Pasolini, Palazzeschi, Sciascia, Calvino. Non hanno mai vinto il Supercampiello ancora Gadda, Pasolini, Calvino, Sciascia, e inoltre Landolfi, Pratolini, Parise (per citarne solo alcuni). Ci si deve chiedere poi quanti veri autori siano stati rivelati dai premi, mentre sono state frequenti le premiazioni scontate e le consacrazioni di casi letterari».
Eppure, al di là di una storia disseminata di scandali, di episodi poco trasparenti, di polemiche, di pressioni indebite, di regolamenti violati, di assegnazioni immeritate – una storia che talvolta riemerge ripresentandosi con dinamiche sempre simili tra loro – i premi letterari rimangono un potente strumento di promozione per case editrici (soprattutto le grandi case editrici) e autori. Sono anch’essi uno specchio del Paese, sembra dirci Ferretti, che fa proprie le riflessioni di un grande dirigente editoriale come Vittorio Sereni: «abolire i premi dunque? Neanche per sogno. Fanno comodo a tanta gente […] ma a patto di sapere bene di che cosa si tratta. Che cosa premiano, infatti, i premi? Premiano qualche indefesso organizzatore, lo zelo e l’efficienza dei […] gruppi di pressione, la diplomazia di quel giudice, la commovente obiettività o voglia di obiettività di quell’altro […]. È dubbio che premino veramente l’opera, il lavoro».
Queste e tante altre riflessioni attuali sulla cultura editoriale italiana sono raccolte da Ferretti nel suo ultimo libro, tra editori protagonisti, collane, archivi di scrittori e di agenti letterari, casi editoriali e grandi autori dei nostri tempi. Ci sono Gramsci, Vittorini, Bompiani, Bollati, Linder, Zavattini, Eco, Pasolini, Cassola, Liala; ci sono le storie di censure e di autocensure e c’è, soprattutto, l’itinerario culturale di Ferretti stesso, tra militanza culturale e studio rigoroso.
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