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Bookcity Milano: Raccontare l'oggi con la poesia

Bookcity Milano: Raccontare l'oggi con la poesia Bookcity Milano: Raccontare l'oggi con la poesia
Bookcity Milano: Raccontare l'oggi con la poesia
Raccontare l’oggi con la poesia 
Con Matteo Bianchi, Alessandro Canzian,
Maurizio Cucchi e Giancarlo Pontiggia
Introduzione di Roberto Cicala

15 Novembre 2025, ore 15:00
Castello Sforzesco, Milano

Nell’ambito della quattordicesima edizione di BookCity Milano, sabato 15 novembre, alle 15, alla Biblioteca d’Arte del Castello Sforzesco, si terrà l’incontro “Raccontare l’oggi con la poesia”, un dialogo tra due autori pubblicati da Interlinea Edizioni. Matteo Bianchi e Alessandro Canzian, già legati e conosciuti per le attività della Samuele Editore, tra cui la rivista “Laboratori critici”, e per essere redattori del sito pordenoneleggepoesia.it, presenteranno rispettivamente le loro nuove raccolte poetiche Christopher e In absentia. L’appuntamento, introdotto da Roberto Cicala con interventi di Maurizio Cucchi e Giancarlo Pontiggia, sarà un’occasione di riflessione e confronto sul ruolo della poesia nell'interpretare il contemporaneo. I versi di Bianchi e di Canzian restituiscono, difatti, una prospettiva lucida, a tratti tenera e a tratti crudele, che esplora l’esperienza di singole vite all'interno di una Storia che percorre le proprie e le loro, necessarie, contraddizioni.

Christopher di Matteo Bianchi costruisce una trilogia di ritratti attraverso tre figure (Christopher Channing, Roberto Pazzi, Napoleone Bonaparte) che, dall’idealizzazione sentimentale della prima impressione rovinano in pasto alla dura realtà. Tre emblemi di una stessa condizione umana tesa tra fragilità, eredità e consapevolezza della fine. Se Christopher è l’artista queer, l’attore errante tra le asperità della lingua materna e le paillette parigine, manifestando una sensibilità lesa che si muove in un paesaggio interiore fatto di fantasmi, amori assoluti e case senza fondamenta, Roberto Pazzi incarna la parola ereditata, l’intellettuale che testimonia una cultura vivida e bruciante, che non si piega alle apparenze men che meno ai conformismi. Napoleone, invece, si staglia come immagine di un destino che si riconcilia, non senza fatica, con la propria caducità.

In absentia di Alessandro Canzian avviene similmente un attraversamento dell'umano, ma privo di identità, di nomi propri. L’assenza che trapela sin dal titolo assurge a umana quanto a divina e storica. Divisa anch'essa in tre sezioni (Minimalia, Sul fondo, In absentia), l'opera presenta in frammenti monchi figure minime, a tratti icone domestiche a tratti schegge ridondanti in maniera quasi ossessiva da cui trapela una critica all'Europa odierna. Per passare poi a un “quasi” poemetto che rinuncia alla sua stessa definizione restituendo solo frammenti di dialoghi, di considerazioni sulla guerra in presa diretta. Concludendo con uno sguardo insieme teologico e antropologico che evoca la tragedia inscritta nei gesti quotidiani. L’attenzione assoluta alle cose, alle minuzie del mondo, diventa un modo per custodire ciò che resta dell’umano nonostante la sua disfatta.

Bianchi e Canzian si rivolgono all’essere umano nel momento in cui perde forma, sulla soglia fra presenza e scomparsa. In entrambi, l’abbandono dell’attenzione alle cose materiali diventa un osservare per testimoniare senza possedere, né redimere. Il centro è l’individuo come fulcro di resistenza: in Bianchi, la cura e la pietà, in Canzian la registrazione impassibile degli interstizi dell'assenza. Che sia memoria, oblio, o limite percettivo e conoscitivo consapevole, costruiscono un'etica dello sguardo che vuole riconoscere la persistenza del vivente. 

I suoi vestiti sono sporchi, / ma sono i suoi. / Li ha sistemati in una camera d’albergo / dove oggi chi ci vivrebbe più. / Apriva la finestra della stanza / per sentire il mondo di fuori, / ma con i suoi stessi fantasmi. / Dietro gli occhi di vetro / i vapori degli anni passati” (Matteo Bianchi). Nei versi di Bianchi la finestra è un diaframma tra dentro e fuori, tra l’intimità ferita e il mondo che resta, una soglia sospesa. “Le lenzuola distese / sono più casa delle case. / Grate, gronde e greppi. / Da lontano un geco / le traversa mozzato” (Alessandro Canzian).  Nei versi di Canzian la casa ridotta a lenzuola si fa metafora della precarietà dell’esistere: ambo le poetiche non abitano uno spazio fisico, ma il fragile gesto di una premura spersonalizzata dall’incedere del tempo, resto della persona che c’era necessariamente, ma non c'è più, e che riverbera sia nella ritualità emotiva degli spettri di Bianchi sia nel geco mozzato di Canzian, che pure si muove ancora. La finestra e le lenzuola sono superfici intermedie, membrane della percezione e misura di sé: ciò che separa diventa ciò che unisce tra speranze elegiache e la concretezza del dolore.

Christopher

di Matteo Bianchi

editore: Interlinea

pagine: 112

Christopher è una raccolta poetica ibrida, dolente e insieme precisa, concepita intorno a tre figure portanti: Christopher Channing (artista queer, attore teatrale, creatura notturna, in bilico tra il nudo e la maschera, tra la lingua inglese e la malinconia parisienne), Roberto Pazzi (il maestro, l’intellettuale esemplare, l’ultimo alfiere di una cultura che rifiuta il consumo e la finzione) e Napoleone Bonaparte (non il generale di Austerlitz, bensì il vinto dell’Elba, il nostalgico rifugiato nella propria disfatta). Tre individui diversi per epoca, postura, linguaggio, eppure accomunati da una stessa fragilità irriducibile, da un’identica quanto ostinata resistenza a scomparire del tutto.

In absentia

di Alessandro Canzian

editore: Interlinea

pagine: 96

In absentia è una raccolta in cui il titolo funge da chiave di lettura dell’opera «ma senza svelare il mistero»: il poeta, affacciato sul mondo, si assenta. Le sue sono poesie dell’estrema attenzione. «Come i dream-catchers nelle tradizioni degli indiani della costa nordamericana erano piccoli strumenti per afferrare i nostri sogni fugaci, le piccole poesie di Canzian sono come trappole per topi intessute di rimandi interni. Con la leva del linguaggio depositano pezzi di vita, di storia, di sentimenti e di pensieri; arriva il presente e si chiude la trappola. La presenza diventa assenza intensa e corpo fantasmatico» (dalla nota di Martin Rueff).

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