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Vassalli: la scelta dei suoi editori per “Raccontare l’Italia”

Vassalli: la scelta dei suoi editori per “Raccontare l’Italia” Vassalli: la scelta dei suoi editori per “Raccontare l’Italia”
Vassalli: la scelta dei suoi editori per “Raccontare l’Italia”
In occasione del decennale della scomparsa di Sebastiano Vassalli (1941-2015) è uscito un profilo biografico e critico vasto sullo studio delle carte d’autore da parte del mostro editore Roberto Cicala, che ha frequentato per trent’anni l’autore della Chimera. Dal volume edito dal Mulino (Raccontare l’Italia. I libri di una vita di Sebastiano Vassalli https://www.mulino.it/isbn/9788815393210) pubblichiamo un estratto dedicato al rapporto tra Vassalli e i suoi editori, avendo avuto la fortuna e l’onore, come Interlinea, di essere tra questi, tra Einaudi e Rizzoli. 

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«La materia prima con cui si scrive nel libro non è l’inchiostro ma il tempo stesso della nostra vita; ci sono carte che nessuno può truccare e anche l’imbecillità e l’ignoranza pagano dazio. […] Sono assolutamente consapevole, per quanto mi riguarda, di aver imboccato la via stretta che conduce chissà dove, forse da nessuna parte: cioè di essere uno scrittore»: così ha scritto il giovane Vassalli a Guido Davico Bonino, edito all’Einaudi, il 15 gennaio 1972. È una confessione di un momento importate e di svolta del trentenne scrittore a cavallo della neoavanguardia che iniziava a stargli stretta.
«I miei editori importanti sono stati quattro. Quattro come le case dove ho abitato e lavorato» ha dichiarato nella sua autobiografia-intervista Vassalli, che è stato stampatore in proprio durante gli anni giovanili e naturalmente è stato ospitato occasionalmente anche da altri publisher nel suo mezzo secolo di libri. Il rapporto con la casa editrice Einaudi ha inizio nel 1967, quando prende i primi contatti con Guido Davico Bonino (il primo editore), dopo la segnalazione di Bárberi Squarotti, per la pubblicazione di Narcisso. Il grande merito di aver fatto «nascere (o ri-nascere) come scrittore» Vassalli spetta però a Giulio Bollati, «la mia levatrice» (il secondo editore): grazie a lui, nel 1979, lascia l’insegnamento per dedicarsi completamente alla scrittura (allestisce anche un’edizione d’arte di poesie di Nerval, a tiratura limitata, con una forma di prenotazione minima, e progetta due antologie: una del poeta umoristico Charles Cros e una di Baudelaire, proposte a Einaudi ma non andate in porto) e per quasi cinquant’anni sarà una fedele firma della casa editrice di via Biancamano a Torino, con alcune brevi parentesi presso Mondadori e Baldini & Castoldi, prima del passaggio a Rizzoli l’anno prima della morte. A parte stanno la decina di titoli «di scorta», come Montale diceva delle opere pubblicate da Scheiwiller, con Interlinea, il suo quarto editore.
Non si può dimenticare lo stesso Giulio Einaudi, che in una foto appesa nello studio dello scrittore è ritratto con lui e il direttore commerciale Roberto Cerati, davanti alla grande ceramica che raffigura, sulla facciata di casa, la copertina della Chimera disegnata da Giuliano Della Casa. Vassalli ricordava che soltanto con La notte della cometa, il primo successo, del 1984, Einaudi si accorse di lui, «dopo avermi ignorato per diciassette anni». «Le rare volte che lo incontravo nei corridoi della sua casa editrice mi guardava senza vedermi e una volta mi scambiò anche per un traduttore». Vassalli racconta che il libro su Campana colpisce così tanto l’editore da pensare di fargli scrivere una biografia di Cesare Pavese:
Quella con Bollati è stata un’amicizia davvero importante («per alcuni anni; poi si è attenuata non so perché» ammetterà dopo la sua morte): «senza di lui, il mio percorso si sarebbe concluso con la breve e ingloriosa stagione della neoavanguardia, e non avrei fatto più niente, o quasi niente. Molti della mia generazione erano finiti». Comunque con l’Einaudi (dove entra in rapporti particolarmente stretti con vari editor come Daniele Ponchiroli, Paolo Fossati e Nico Orengo, nei primi anni, poi Alessandro Dalai, Piero Gelli, Paolo Di Stefano, Lorenzo Fazio e Mauro Bersani in seguito, fra gli altri) avviene una prima rottura nel biennio 1997-1998, quando Vassalli passa alla Baldini & Castoldi diretta da Dalai («il mio terzo editore»), precedente dirigente dello Struzzo, il cui allontanamento, con Gelli, è l’ulteriore motivo del litigio tra lo scrittore e il vecchio Einaudi, con cui aveva trovato finalmente un’intesa soltanto grazie al successo della Chimera. Il motivo principale è un’intervista rilasciata dal fondatore dello Struzzo a «Panorama» nel 1996 in cui aveva parlato di Cuore di pietra come di un libro brutto che non merita di essere letto «sembra di De Amicis».
Alla fine, di fronte alla difficoltà di ricevere riscontri sugli ultimi testi proposti da parte di Ernesto Franco, il direttore editoriale dello Struzzo dalla morte del fondatore nel 1999, Vassalli nel 2013 passa a Rizzoli, pur dopo confronti accesi con chi tra i suoi amici non è d’accordo sulla scelta. La decisione è presa soprattutto dopo la morte di Roberto Cerati, mitico direttore commerciale einaudiano, originario di Cressa, in provincia di Novara, poi presidente dell’Einaudi e grande confidente dello scrittore. Con lui ancora in vita Vassalli avrebbe avuto remore a creare lo strappo. Così, con la cura della sua agente Agnese Incisa, altra ex einaudiana, non rinnova il contratto della Chimera e nel 2014 pubblica sia una nuova edizione con l’editrice milanese (richiamando comunque l’iconico merlo in copertina ispirato all’edizione originale) sia un altro romanzo dentro la storia, Terre selvagge. La scelta del cambio è dettata anche dal legame con Rcs e quindi con il “Corriere della Sera” di cui è collaboratore fisso, non immaginando che nel 2016, l’anno dopo la sua morte, il marchio fondato nel 1927 dal Cumenda milanese sarebbe stato acquisito, come già era avvenuto per Einaudi, dal Gruppo Mondadori. Rizzoli, con editor Michele Rossi, pubblica nell’anno dell’improvvisa morte Il confine e, postumo di poche settimane, uscito per il premio Campiello alla carriera, con la cura redazionale di Stefano Izzo, Io, Partenope, un viaggio senza ritorno a Napoli e nel Seicento: «l’ultima tappa di un viaggio che mi ha portato a vedere il mio Paese dalla parte delle radici». Un capitolo a parte meriterebbero le microedizioni a caratteri mobili del Pulcinoelefante di Alberto Casiraghi, detto Casiraghy, di Osnago in Brianza: «qualcuno lo ha definito “il panettiere degli editori”, perché è l’unico che pubblica in giornata. È un amico e ogni tanto facciamo qualche librino, con un’immagine e una o due frasi: ma lui è un editore anomalo, un solista dell’editoria».
Negli anni successivi i suoi maggiori titoli entrano nella “Bur”, in concomitanza con la scadenza dei diritti presso lo Struzzo, mentre alcuni inediti sono proposti in forma di plaquette da Interlinea (il suo quarto editore).

 

Roberto Cicala
Da Raccontare l’Italia. I libri di una vita di Sebastiano Vassalli
Il Mulino
https://www.mulino.it/isbn/9788815393210

Il robot di Natale e altri racconti

di Sebastiano Vassalli

editore: Interlinea

pagine: 48

Cinque testi d'autore, ambientati a Natale e firmati da uno dei più importanti scrittori italiani contemporanei. Un inedito su una storica abbuffata natalizia in età napoleonica fa da contrappunto a storie di Natale disincantate e totalmente immerse nella contemporaneità, come quella dell'uomo morto davanti alla tv il giorno di Natale e scoperto cinque anni dopo o come l'epopea del primo robot inviato su Marte. Vassalli riflette anche sulla necessità di un ipotetico nemico dallo spazio per rendere unita e solidale la razza umana sulla terra e rilegge anche la storia di Maria di Nazareth e della nascita di Gesù.

Il millennio che muore

Un elogio del libro e della parola

di Sebastiano Vassalli

editore: Interlinea

pagine: 96

Da un maestro della parola narrata l’elogio del libro e della parola nella storia del mondo in un’opera giovanile provocatoria ma anticipatrice e ancora attuale.

Affaire Tortora

Un caso italiano di ingiustizia e odio

di Sebastiano Vassalli

editore: Interlinea

pagine: 80

«Chiedo: come mai l’Italia è caduta addosso a lei e non, che so, a Pippo Baudo? Si stringe nelle spalle. Dice: “Tutto comincia a Portobello. Portobello era una trasmissione popolare, di annunci economici... viventi. Arrivai a toccare il più alto indice di ascolto che la Rai avesse mai registrato: 28 milioni di spettatori. Ricevevamo, in media, duemila lettere al giorno. Nel 1979 ci fu un contenzioso con un certo Domenico Barbaro che in realtà era il futuro pentito della camorra e mio accusatore Pandico, per un pacchetto di centrini fatti dai detenuti nel carcere di Porto Azzurro”». Un’intervista a Enzo Tortora di Sebastiano Vassalli riemerge dagli archivi con i documenti del Libro bianco del processo, a 40 anni da una delle maggiori ingiustizie dell’Italia contemporanea.

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