Con Darwin e Leopardi ci si fa piccoli piccoli
«Tanto vale esplicitare senza troppi imbarazzi i motivi di dubbio, perplessità, rovello ma anche potenziale fascinazione suscitati dal nuovo libro di Antonella Anedda, Le piante di Darwin e i topi di Leopardi, un saggiosaggio, non un eserciziodi poesia in prosa. Quando un autore o una autrice ti sta molto a cuore sei costretto a farlo, glielo devi. Il succo della faccenda è questo. Tanto Leopardi quanto Darwin non credevano ad alcuna posizione privilegiata del genere umano nel cosmo e nella molteplicità delle specie. Nessuna teleologia, nessuno scopo, nessun disegno intelligente o anche solo maligno. Principio dinamico della vita sulla Terra è la trasformazione dei generi attraverso la morte degli individui: poco da stare allegri. Mai incontratisi per ragioni cronologiche, si erano forse però parlati a distanza tramite i testi di Erasmus Darwin, nonno di Charles, in cui già fermentavano idee evoluzioniste e che Giacomo Leopardi possedeva e aveva letto quasi di sicuro».
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Le piante di Darwin e i topi di Leopardi
di Antonella Anedda
editore: Interlinea
pagine: 304
Tra natura e letteratura questo libro è il racconto appassionato di un confronto tra idee, parlando di animali e di tre autori: Giacomo Leopardi, Erasmus Darwin e suo nipote Charles. Come ha scritto Osip Mandel’stam dei naturalisti, leggerli può spalancare nella nostra vita una radura e, in particolare, «leggere Darwin ci rende attenti, la sua sete di esperienza lo rende affidabile come un reporter sul campo». In queste pagine si svela come riscoprire Leopardi in chiave naturalistica ha un significato particolare per «capire che siamo fragili, caduchi. Infatti quando Leopardi scrive La ginestra ha imparato davvero a morire, il suo riso è diventato una forma di bontà, ridendo nello stesso modo di sé, prima che degli altri».
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