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«Il mio manifesto filosofico sul‘‘cibo liscio’’ è un invito a riscoprire la moderazione»

Recensione di: Manifesto del cibo liscio
21.03.2015
Da "Corriere del Ticino", intervista a Francesca Rigotti, di Carlo Silini, su Manifesto del cibo liscio di Francesca Rigotti

«Se dobbiamo immaginare una filosofia dell’alimentazione – e il cibo è il tema forte di Expo 2015 – non basta parafrasare Cartesio. No, "edo, ergo sum" (mangio dunque sono) è un motto che rischia di appiattirci sull’atto del consumo idiscriminato del cibo. Una riflessione filosofica sul cibo deve concentrarsi anche sul come mangiamo, il "modus in rebus", per dirla coi latini. E così appare di particolare interesse il saggio scritto proprio in occasione dell’Expo dalla filosofa Francesca Rigotti, oggi docente all’Università della Svizzera italiana di Lugano, dopo esserlo stata a Göttingen, a Princetone a Zurigo: "Manifesto del cibo liscio. Per una nuova filosofia in cucina", edito da Interlinea.

Francesca Rigotti, di cosa si tratta?

"Parto dalla distinzione tracciata da Deleuze e Guattari in Mille piani, un’opera del 1980, tra due tipi di territorialità.
Da una parte lo spazio striato che è lo spazio cartesiano, gerarchico, egemonico e rigido: lo spazio del potere.
Dall’altra lo spazio liscio che è lo spazio fluido e mutevole. I due autori citati tracciano, lungo queste due coordinate, una serie di modelli, che chiamano, per esempio: tecnologico, musicale, marittimo, fisico, estetico, matematico ecc. Mi sono detta: perché non provare a costruire un modello alimentare?"

Che modello?

"Un modello alimentare che è una combinazione di liscio e striato. I due elementi sono entrambi necessari. Lo striato è quello che ti dà la regolazione, l’organizzazione, la struttura. Il liscio, che è difficile da rappresentare, è il modello dello scivolamento senza limiti, senza confini: un po’ il modello della rete prima della rete. Uno conferisce struttura, l’altro dà libertà. La combinazione è importante, perché la libertà senza vincoli, come noto, è come l’acqua che tracima da un fiume senza le sponde,mentre solola sponda e solola rigiditàdel vincolotibloccano. Il modello è di questo tipo: liscio e striato vanno insieme verso il liscio. Un modello di libertà che però conserva dei fattori di regolazione. Questo è il quadro filosofico".

Perché?

"Perché il modello organizzativo va bene: è bene che un campo venga coltivato in maniera tradizionale o che si mangi a orari fissi. Questo, anzi, è uno dei principi base dell’alimentazione: non tanto quello che mangi, ma quando lo mangi. Tutto questo, però, sarebbe troppo costrittivo, non porta a un orizzonte di libertà. Per arrivarci bisogna uscire, provare la varietà, la differenza, l’originalità nel cibo".

Un modello misto liscio-striato, insomma. Ma, venendo al pratico, ci faccia un esempio di cibo striato.

"Va bene. Parlerò delle coltivazioni di mele in Trentino Alto Adige. Quando io passo in treno scendendo da Bolzano, vedo filari di alberi di mele crocifissi. I loro rami sembrano le mani del Cristo in croce di Grünewald. Questi meli non hanno più una corona di fronde, hanno solo una dimensione, una piattitudine. Perché tra i filari possano passare le macchine, perché tutto viene razionalizzato. Queste mele, per me, sono l’esempio del cibo striato. Sempre più mele, sempre più rosse, ognuna tatuata, come schiave che vengono vendute al mercato delle mele schiave. In questo modello stanno i mattatoi, gli allevamenti intensivi di galline o di grossi bovini. Io abito in Bassa Sassonia e ci sonoi capannoni dove vengono allevati i bovini: ma non li vedi e non li senti nemmeno. Chissà cosa succede là dentro. Questo è tutto cibo striato".

Vuol dire che noi viviamo immersi nel cibo striato?

"Basti pensare ai ricettari. Ho intitolato un paragrafo del libro 'Brutalità in cucina’. È un’analisi linguistica di manuali di cucina dove leggo testi come questo: 'Rompete le uova e sbattetele con la forchetta. Sbriciolate la mollica, scavate le mele, rovesciate il composto, tagliatelo a fettine; pestate le mandorle, fate bollire i fagioli a fuoco vivo; gettate le verze nella casseruola, scottate i pomodori in acqua bollente e poi spellateli; fateli rosolare a fuoco lento, tritate il prezzemolo; frustate i rossi d’uovo con lo zucchero, tagliate a pezzi le mele, squartatele e pelatele'. Non siamo in una prigione medievale, siamo in cucina e stiamo sfogliando dei normali ricettari che ci spronano a trattare gli alimenti come se fossero schiavi ribelli sui quali esercitare il nostro sadismo. Questo uso linguistico di cui non siamo più consapevoli si sta rovesciando contro di noi e il cibo striato ha cominciato a vendicarsi e a trattare male noi".

Mi faccia capire: la tesi è che si sta avverando la pena del contrappasso. Noi trattiamo male il cibo e il cibo tratta male noi. E allora abbiamo una società di obesi, di anoressici ecc. ecc.?

"Sì, questa è la tesi. Il cibo striato, quello che trattiamo male, quello che crocifiggiamo, si ribella a noi".

Ma come si fa a scrivere una ricetta in cui si dice che si deve sezionare una mela e asportare il torsolo con parole diverse?

"Il punto è proprio questo: abbiamo solo questo linguaggio ed è normale usarlo. Il problema non è di modificare il linguaggio, ma di acquistare consapevolezza, di capire in che modo trattiamo il nostro cibo, che è una cosa molto intima perché entra dentro di noi".

Ma allora, il cibo liscio?

"Il cibo liscio è un cibo preparato da te e che ti porti al lavoro, per esempio. Un cibo che non prendi da un distributore automatico, o da un fastfood, ma che ti porti da casa dopo averlo preparato. Questo, tra l’altro, serve anche all’emancipazione maschile: se i maschi fossero in grado di prepararselo sarebbero molto più liberi e emancipati. Il modello che propongo, però, come è detto, è un mix di striato e liscio. Non si deve per forza contrapporre ad esempio fast e slow food. Il fatto che si possa mangiare velocemente, invece di stare seduti a tavola due ore, è un vantaggio. Ma poi si è trasformato in qualcosa d’altro: in cibo malsano, fatto male all’origine, con tantissimi ingredienti incontrollabili, con gli esaltatori di sapidità. Il cibo liscio comunque non è una dieta, è una non dieta. Non si tratta di non mangiare cose che vostra nonna non cucinerebbe. No, si tratta di mangiare con delle regole, soprattutto con moderazione (ecco che rispunta il modus). Oggi un altro problema è l’eccesso di scelta. Abbiamo una scelta tremenda di cibo. Quando le madri chiedono ai figli cosa vogliono per pranzo, merenda e cena, li mettono di fronte a un eccesso di scelta che agita, turba. Vogliamo il caffè e troviamo il cappciocc, il cappuccino, il caffè col ginseng, il macchiato, il corretto, decine di altri tipi di caffè ecc. ecc."

Perché bisogna tornare a prepararsi da mangiare?

"Il mio non è un discorso politico che sirivolge allo spreco o alla caccia o alla pesca, anche se colpisce il fatto che il 40% di quello che viene pescato sia ributtato in mare a morire. Il mio è un discorso di politica individuale: che cosa faccio io. Se mi preparo io il cibo posso avere il contatto e il controllo di quello che mangio, mentre se lo prendo già fatto non so cosa c’è dentro. Quindi si dovrebbero acquistare gli ingredienti più di base possibile. Perché c’è tanta allergia al glutine? Non perché siamo diventati tutti allergici, ma perché la quota di glutine negli alimenti preconfezionati è quintuplicata. È difficile procurarsi i materiali di prima qualità, dovresti evitare il più possibile di comperare cibi elaborati, striati, già pronti, già confezionati e che fanno male e ti rendono dipendente. Cose che mettono perfino nel cibo per gatti".

In conclusione, quali sono i punti forti del suo manifesto filosofico sul cibo?

"Oltre al controllo degli alimenti, che dovrebbero essere genuini, due potrebbero essere i punti forti del manifesto: la moderazione nel consumo e l’esercizio della volontà. Si dimentica, per esempio che il termine obeso, obeso, significa 'a causa'(ob) 'di ciò che hai mangiato' (eso, participio di edere = mangiare). Vuol dire che sei grasso non a causa di una malattia, ma a causa di ciò che hai mangiato. Certo: l’obesità è anche una malattia. Ma molte persone grasse non sono malate. Qui entra il discorso della volontà. I musulmani hanno il Ramadan, un mese in cui non mangi dall’alba al tramonto. È una cosa che si può fare e che ci dice che esiste in quella cultura l’idea della moderazione nel cibo, dell’esercizio di volontà. Come c’era anche da noi con la Quaresima, che oggi non viene più rispettata. Oggi, invece della volontà passa l’idea della medicalizzazione. Anche nei bambini occorre reintrodurre un’educazione alla volontà, all’autocontrollo. Il problema è che chi è grasso in quel modo è anche infelice perché lo sguardo sociale che viene proiettato sui grassi è negativo. Ci sono studi in cui ti dicono che se sei troppo grasso non ti si siedono accanto. Io non voglio cambiare il mondo, ma è importante parlare anche di forza e di debolezza di volontà, di fronte al cibo e forse di fronte ad altri fenomeni"».


Manifesto del cibo liscio

Per una nuova filosofia in cucina

di Francesca Rigotti

editore: Interlinea

pagine: 120

Che cos'è il cibo liscio? Francesca Rigotti, autrice della Filosofia in cucina e della Filosofia delle piccole cose, prende spunto dalla distinzione tracciata da Deleuze e Guattari tra due tipi di spazi: quello "rigato" (cartesiano, gerarchico, egemonico, rigido: lo spazio del potere) e quello "liscio" (fluido, mutevole: lo spazio del non potere). Il libro vi adatta il modello alimentare per dimostrare come nel cibo liscio nasca la possibilità di nutrirsi con alimenti sani che non provocano disagi e malattie. Un nuovo modo di appassionarsi alla cucina.

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