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Dai campi di calcio ai campi di concentramento: l’Olocausto di Árpád Weisz nel segno dello sport

Dai campi di calcio ai campi di concentramento: l’Olocausto di Árpád Weisz nel segno dello sport Dai campi di calcio ai campi di concentramento: l’Olocausto di Árpád Weisz nel segno dello sport
Dai campi di calcio ai campi di concentramento: l’Olocausto di Árpád Weisz nel segno dello sport

L’allenatore ad Auschwitz. Árpád Weisz: dai campi di calcio italiani al lager di Giovanni A. Cerutti

In occasione del Giorno della Memoria 2020 Interlinea pubblica un libro che getta nuova luce su uno dei grandi casi di sport e Shoah in Italia, disponibile nelle librerie dal 27 gennaio ma già acquistabile online con uno sconto del 15%.

L’allenatore ad Auschwitz parla di Árpád Weisz «dai campi di calcio italiani al lager» con nuovo documenti su questo allenatore ebreo naturalizzato italiano, che è stato il primo a vincere uno scudetto a soli 34 anni e un campionato di serie A a girone unico con due squadre diverse, l’Internazionale-Ambrosiana e il Bologna, il primo a scoprire il talento del diciassettenne Pepìn Meazza, introducendo per primo gli schemi (il “sistema”) nel campionato italiano, soprattutto come tecnico dell’Inter, ma anche del Novara e del Bologna. Il dramma della sua storia è non poterlo ricordare come avrebbe meritato, per le sue conquiste sportive, ma perché fu espulso dall’Italia, in seguito alle leggi razziali e ucciso nel lager di Auschwitz. La sua vicenda ha tratti non comuni che meritano di essere approfonditi. Le pagine di Giovanni Cerutti illuminano il periodo italiano ricostruendo con precisione il ruolo che ebbe Weisz nello sviluppo del “sistema”, che in quegli anni stava mutando definitivamente la fisionomia del calcio sullo sfondo dell’affermazione del professionismo. Una testimonianza e una riflessione sull’eredità della Shoah e sull’importanza della memoria, che coinvolge nel dramma anche lo sport.

«La vigorosa e decisa opera di difesa della razza intrapresa dal Regime, avrà naturalmente le sue conseguenze benefiche anche nel campo sportivo, per quanto, in fatto di atleti militanti, non debbano essere molti gli ebrei.Riguardo al mondo calcistico, che è quello che ci interessa più da vicino, vi è però una zona in cui si è trapiantata, crediamo, una discreta rappresentanza israelita straniera, ed è quella degli allenatori. […]. Ebbene, che costoro – venuti tutti fra noi dopo il 1919 – debbano far le valigie entro sei mesi, non ci rincresce davvero, poiché così finiranno di vendere fumo con quell’arte imbonitoria propria della razza, e lasceranno i posti a tanti ex-giocatori di razza italiana, che sono benissimo in grado di tenerli, e che al confronto con gli stranieri di cui sopra non sono inferiori che sotto una voce: la facciatosta!». Con queste sprezzanti parole il “Calcio illustrato”, nel settembre 1938, annunciava la «bonifica» del campionato italiano da tutti i calciatori e allenatori ebrei, in ottemperanza alle aberranti leggi razziali promulgate dal regime fascista.Tra loro c’era anche l’unghereseÁrpádWeisz, protagonista negli anni immediatamente precedenti del poderoso sviluppo del calcio italiano: dalla panchina dell’Ambrosiana-Inter,Weisz era stato l’allenatore che aveva portato la squadra milanese a vincere il campionato di serie A nella stagione 1929-30, il primo a girone unico nella storia del calcio italiano, replicando poi con il Bologna di Renato Dall’Ara nel 1936-37; aveva contribuito alla stesura del celebre manuale Il giuoco del calcio ed era stato oculato talent scout scoprendo, fra gli altri, il giovane Giuseppe Meazza. Una carriera sfolgorante interrotta improvvisamente nel 1938: «per lo Stato italiano divenne soltanto un ebreo, anzi un ebreo straniero, e come tale fu costretto a lasciare il nostro Paese», scrive Giovanni A. Cerutti, autore dell’Allenatore ad Auschwitz. ÁrpádWeisz: dai campi di calcio italiani al lager, libro in cui si ripercorre la triste vicenda del grande allenatore ungherese. ÁrpádWeisz, prima osannato da giornali e dai tifosi, verrà rapidamente dimenticato. Trasferitosi in Olanda, dopo la cacciata dall’Italia, verrà travolto dall’invasione tedesca del Paese e deportato ad Auschwitz, dove troverà la morte assieme alla moglie e ai loro due bambini. Una storia dimenticata di un grande protagonista del calcio italiano ed europeo, da riscoprire per continuare a riflettere sulla cancellazione della memoria della Shoah e sul rapporto tra sport e razzismo.

In anteprima alcuni estratti di articoli di giornale tratti da L'allenatore ad Auschwitz. Árpád Weisz: dai campi di calcio italiani al lager:

«Bisogna vederlo all’opera per valutare ed apprezzare convenientemente l’attività dell’allenatore del Bologna, ArpadWeisz. […] Weisz è venuto al Bologna preceduto da lusinghiera fama documentata dallo stato di servizio che gli ha consentito di distaccarsi ed emergere nel numero degli allenatori attualmente in Italia», da “Il Littoriale”, 29 marzo 1935.

 «Viso caratteristico, sagomato e struttura atletica […]. Sapendo d’essere fotogenico, Weisz lascia sventolare al vento la selva dei suoi capelli scuri e si sforza di mantenere la linea che minaccia di alterare il suo fisico tuttora in piena efficienza! Pensa che il mattino ha l’oro in bocca e per questo raduna, dalle nove in poi, i suoi pupilli nel vasto Littoriale”», ibidem.

 «Non è monotono l’allenamento di Weisz perché varia […]. Una parola ed un consiglio per tutti. Una tiratina d’orecchi, una ramazina, un rimprovero per i recalcitranti, insomma: allenamento famigliare, ma rigoroso, disciplinato, metodico», ibidem.

 «Ha preso contatto col pallone quando aveva quindici anni. Chiese ed ottenne di entrare nella squadra del Toerekves […] A 17 anni […] è ormai un asso consacrato: il pubblico lo incita e ne fa uno dei beniamini[…]. La fama del giocatore ha però varcato i confini e nel 1926 l’Internazionale lo ingaggia a condizioni lusinghiere. Tuttavia Weisz non può esplicare come giocatore in quanto la diversità di clima influisce sul suoi fisico; i dirigenti milanesi lo invitano ad assumere la direzione tecnica della compagine nero-azzurra. Weisz accetta; è l’anno della fusione Internazionale-Unione Sportiva Milanese. Le sue doti risaltano anche nelle nuove funzioni assolte con piena soddisfazione dei dirigenti dei giocatori e degli sportivi. Il Bari adocchia l’allenatore e riesce ad accaparrarselo. Interra pugliese Weisz resta un solo anno, indi ritorna all’Ambrosiana che lo lascia libero nella scorsa stagione. Il Novara non attende un minuto e lo chiama a presiedere alle sorti della squadra azzurra che dopo pochi mesi perde l’allenatore ingaggiato dal Bologna che ha voluto, cn l’assunzione di Weisz, assicurarsi un esperto», ibidem.

 «Con domani avrà inizio il Campionato di calcio. E con domani si riaprirà la serie delle settimane di passione per giocatori e tifosi; si riapriranno le animate discussioni e i commenti più disparati. […] Ad allenatore del Novara è stato chiamato – com’è noto – ArpaadWeisz, proveniente dall’Ambrosiana. Al sig. Weisz porgiamo il nostro benvenuto sicuri che, con la competenza e la passione che lo animano, saprà portare la squadra cittadina molto in alto nei valori calcistici», da “Gazzetta di Novara”, 29 settembre 1934.

 Tra il mese di gennaio e febbraio l'autore Giovanni Cerutti sarà presente in diverse città italiane per presentare il suo nuovo libro. A breve tutti gli aggiornamenti e il programma completo sul nostro sito.


L’allenatore ad Auschwitz

Árpád Weisz: dai campi di calcio italiani al lager

di Giovanni A. Cerutti

editore: Interlinea

pagine: 128

Calcio e discriminazione: la storia di Árpád Weisz il grande allenatore degli anni trenta che scoprì Giuseppe Meazza, costretto dalle leggi razziali dai campi di calcio italiani al lager.

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