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Salta l'incontro di Gregotti a Bookcity

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Salta l'incontro di Vittorio Gregotti di sabato 16 novembre alle 12,30 in Triennale a Milano, in occasione di Bookcity Milano e del festival Scrittori&giovani.

L'approfondimento su Il mestiere di architetto è per il momento rinviato alle pagine del suo libro, non potendo l'autore essere presente all'incontro annunciato. In attesa del prossimo appuntamento che comunicheremo non appena disponibile, consigliamo la lettura del libro con le parole del suo curatore Matteo Gambaro: «Questo libro è una esortazione a non rinunciare alla passione per l’architettura, intesa come teoria e pratica capace di apportare contributi rilevanti alla trasformazione della società. Un ulteriore contributo “contro la fine dell’architettura”».

 Vittorio Gregotti, Il mestiere di architetto (Interlinea 2019)

«Capacità di modificazione creativa e critica dello stato delle cose» sono alla base della lezione e dei ricordi di un grande maestro dell’architettura internazionale. Vittorio Gregotti, superati i novant’anni, parte dal racconto della sua formazione intellettuale e degli anni novaresi per descrivere i tratti strutturali del suo modo di intendere l’architettura e la professione di architetto. Questo libro, arricchito da una raccolta di suoi disegni (significativi per l’approccio culturale nella costruzione del paesaggio), è una esortazione a non rinunciare alla passione per l’architettura, intesa come teoria e pratica capace di apportare contributi rilevanti alla trasformazione della società, nell’idea di Gregotti che «sono l’idea di passato e di futuro a costruire insieme un frammento di verità del presente».

«Avevo allora iniziato il mio lavoro di architetto, che sarebbe durato sessant’anni, insieme alla crescente coscienza delle difficoltà e della mutazione dell’architettura, che sembrava alla mia generazione dover essere, pur con diverse risposte, capacità di modificazione creativa e critica dello stato delle cose».

Vittorio Gregotti nasce a Cameri, in provincia di Novara, nel 1927., il padre era il direttore di una fabbrica tessile e la madre una novarese con grande passione musicale. Vittorio fa esperienza nella fabbrica del padre da giovanissimo, insieme al fratello Enrico, di due anni più giovane. Frequenta le scuole elementari, come esterno, al Collegio Nazionale di Novara e poi il ginnasio e liceo al Carlo Alberto durante il quale coltiva l’ interesse per la musica, suonando il pianoforte e dedicandosi alla composizione e alle sue teorie; più in generale si interessa alla storia dell’arte e all’architettura. Si iscrive alla facoltà di Architettura di Milano. Dopo un primo anno piuttosto disorientato, passa l’estate del 1947 a Parigi. Questa esperienza nella città della cultura in quel momento più importante del mondo gli permette di venire a contatto con i più interessanti artisti e filosofi del mondo e di fare esperienza come disegnatore nello studio dei fratelli Perret per un mese.

Tornato a Milano cerca lavoro e soprattutto insegnamento presso lo studio BBPR, incontrando così il suo vero maestro, cioè Ernesto Nathan Rogers. Anche se ancora abita a Novara il suo interesse si sposta a Milano: tra i suoi compagni di corso, oltre a Gae Aulenti, ci sono Lodovido Meneghetti e Giotto Stoppino, che diventano poi i suoi primi soci di studio. Presso lo studio BBPR si incontravano in quegli anni molti tra i protagonisti della cultura del Movimento Moderno (da Walter Gropius a Le Corbusier, da Alvar Aalto ad altri) e tutti i protagonisti del razionalismo italiano. Insieme a Stoppino, collabora con Rogers a un suo spazio alla Triennale e poi, nel 1951, ancora studente, è invitato al convegno del CIAM a Hoddesdon, dove arriva insieme ad Albini e conosce molti dei protagonisti della nostra disciplina e anche alcuni della sua generazione.

Dopo la laurea si trasferisce negli Stati Uniti, a Boston, New York e Chicago, dove rincontra molti grandi architetti, conobbi Mies Van der Rohe e visitai molte altre opere, tra cui quelle di Franck Lloyd Wright. Dopo questa eccezionale esperienza apre a Novara il suo studio con Stoppino e Meneghetti. Nello stesso anno entra a far parte della redazione di“Casabella”, diretta da Rogers, e diventa assistente in facoltà prima di caratteri stilistici e poi di Rogers. Questo lavoro offre molte occasioni di viaggi e di incontri con grandi personaggi, come Henry Van de Velde, Melnikov, Cecilia Kean e Lilja Brik, Alvar Aalto, Pablo Picasso. In Italia, avendo frequentato Enzo Paci e i suoi allievi come Enrico Filippini, è l’unico architetto a partecipare al Gruppo 63, dopo aver frequentato a Berlino alcuni protagonisti del Gruppo 47. Separatosi dai suoi soci abbandona Novara e passa alcuni anni a Milano lavorando solo o con alcuni amici occasionali e sperimentando con essi esperienze importanti. Diventato professore a Milano (con alcuni allievi come Aldo Rossi e Renzo Piano), nel ’68 vince il concorso di professore a Palermo e nel 1974 è chiamato a dirigere la Biennale di Venezia, dove fonda la Biennale di Architettura. Ha organizzato poi la “Gregotti Associati”, che durò con molte avventure in Europa e in Asia fino al 2018.



Il mestiere di architetto

di Vittorio Gregotti

editore: Interlinea

pagine: 112

«Capacità di modificazione creativa e critica dello stato delle cose» sono alla base della lezione e dei ricordi di un grande maestro dell’architettura internazionale. Vittorio Gregotti, superati i novant’anni, parte dal racconto della sua formazione intellettuale e degli anni novaresi per descrivere i tratti strutturali del suo modo di intendere l’architettura e la professione di architetto. Questo libro, arricchito da una raccolta di suoi disegni (significativi per l’approccio culturale nella costruzione del paesaggio), è una esortazione a non rinunciare alla passione per l’architettura, intesa come teoria e pratica capace di apportare contributi rilevanti alla trasformazione della società, nell’idea di Gregotti che «sono l’idea di passato e di futuro a costruire insieme un frammento di verità del presente».

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