Clemente Rebora dalla trincea al convento

«L'esperienza al fronte della Grande Guerra capovolse il mondo di Rebora, vivo fra morituri e morti. "Comandante della compagnia (ossia di un branco cavernicolo)", immerso tra melma e sangue, Rebora vede morire compagni come il soldato della poesia Viatico, un tronco senza gambe, per il quale tre commilitoni vengono uccisi nel tentativo di sottrarlo al fuoco nemico e di cui il poeta invoca la fine dell'agonia: "nella demenza che non sa impazzire, / lasciaci in silenzio / grazie, fratello".»
Canti anonimi
di Clemente Rebora
editore: Interlinea
pagine: 264
«Dall’imagine tesa / Vigilo l’istante / Con imminenza di attesa – / E non aspetto nessuno» sono i versi di chi è in ansia aspettando qualcuno e qualcosa: forse la donna amata, forse la conversione. Clemente Rebora, dopo l’annichilimento e la strage della Grande Guerra, scrive questi Canti anonimi perché vuole cercare, nel donarsi anonimo agli altri, una ragione per continuare a vivere, per ripartire, per trovare prima o poi chi «Verrà, se resisto / A sbocciare non visto, / Verrà d’improvviso, / Quando meno l’avverto». Per la prima volta un’edizione commentata di un libro fondamentale tra le due guerre.
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