In occasione del decimo anniversario dalla morte della poetessa milanese Alda Merini, scomparsa il 1° novembre 2009, ricordiamo le sue parole tratte dal libro Più della poesia, dove vengono registrate le sue prime apparizioni televisive intervistata da Paolo Taggi: «Era prima di molte cose. Del suo infinito successo mediale, prima di tutto. La televisione non era ancora diventata il confessionale riconosciuto di segreti coltivati fino al momento di rivelarli, il capolinea delle storie vissute per poterle raccontare». La poetessa dei Navigli si racconta tra ricordi, gioia e dolore con quel carisma caro agli appassionati della sua poesia., ricordando due momenti della propria «vita più bella della poesia»: «la poesia è un paio di scarpette rosse. Spesso si balla sulle braci, Sul fuoco. È così. È una condanna». Un libro-testamento per ascoltare la voce della Merini al di là delle apparizioni e dell’immagine inflazionata: «In fondo anch’io sono vittima del mio stesso mistero»
Alda Merini, nata nel 1931 a Milano, esordisce appena quindicenne con la raccolta La presenza di Orfeo curata dall’editore Schwarz. E mentre già attira l’attenzione della critica, incontra difficoltà nel mondo della scuola anche a causa della malattia mentale che nel 1947 la porta al ricovero. Nel periodo che va dal 1950 al 1953 frequenta per lavoro e per amicizia Salvatore Quasimodo. Prima nel 1979 e poi nel 1986 prova l’esperienza del manicomio di Taranto, da cui nascono testi di intensa e sconvolgente drammaticità (il dolore l’aiuta a scandagliare l’animo umano); da lì a poco nasce il suo primo libro in prosa, L’altra verità. Diario di una diversa, cui seguono altri successi. Tra i libri di poesia, Vuoto d’amore. Muore il 1° novembre 2009 a causa di un tumore osseo al San Paolo di Milano.
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