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La poesia della senilità di Emilio Jona

La poesia della senilità di Emilio Jona La poesia della senilità di Emilio Jona
La poesia della senilità di Emilio Jona
Una raccolta poetica di Emilio Jona per raccontare l'ultima stagione della vita tra memoria e saggezza

Emilio Jona nella raccolta poetica Il non più possibile fruscio degli anni delinea un itinerario poetico della senilità, privo di smarrimenti e stanchezze, ricco di saggezza e meraviglia, fitto di paesaggi, illusioni, persone, affetti, indignazioni di un presente che è anche memoria pertinente di un passato, forza attiva, e non occasionale ornamento della nostalgia: «è una piccola impresa che intrica / le ore della vecchiaia / impudica, che al fondo / al fondo contiguo e fedele / ha l’inferno / che non chiude la porta / a un paradiso crudele».

L'autore racconta come nasce il libro e la sua esperienza poetica:
«Questo libro raccoglie una scelta delle mie poesie di questi ultimi vent'anni e completa un ciclo che comincia con un libro uscito da Scheiwiller, editore che ho molto amato con ho lavorato negli anni '80 e '90, quindi completa questo mio rapporto con la poesia che tra le molte cose che faccio, studio del mondo popolare, del folkore, la ricerca sull'ebraismo, i romanzi, uno dei quali pubblicato con Interlinea (Inverni alti), completa un po' sul finire della vita i miei interessi fondamentali. Come qualsiasi attività di uno scrittore, è un intrico, più o meno aperto, più o meno segreto, tra privatezza e pubblicità: un libro funziona nella misura in cui quello che c'è di privato non conserva più nessuna funziona privata,  nessun apporto con le esigenze di liberarsi di un peso, di elaborare un lutto o di raccontare un'esperienza positiva o negativa, ma diventa altro, diventa una storia del mondo, una storia nel mondo, che si inserisce in un progetto, in una prospettiva di carattere universale.
Certamente c'è un elemento privato nella scrittura, soprattutto in quella poetica, ma la vecchia poetica dantesca, dando al termine "amore" il valore che gli spetta, secondo me è sempre valida, Dante diceva: "I' mi son un che, quando / Amor mi spira, noto, e a quel modo / ch'e' ditta dentro vo significando", se si considera amore non solo il rapporto con la vita, il rapporto con gli altri e la propria storia privata ma anche la storia intesa all'interno di una vicenda più grande, familiare, culturale o di un paese, ecco che il concetto di amore diventa affettività generica, diventa interesse per l'altro, diventa mondo, ed è un po' questa un po' la funzione della poesia. La poesia, secondo Zanzotto, è una modo di fare storia, in una certa misura, una storia molto particolare, molto tesa, molto concentrata ma che entra dentro a gangli profondi nel nostro rapporto individuale, così personale e narcisistico ma anche nel rapporto con l'altro, in una dimensione politica e comune.
Questo libro, scritto in una parte discreta nei due anni di pandemia, risente profondamente dell'esperienza del lockdown, il fatto di essere vissuto in quasi totale solitudine, come la maggior parte degli italiani, ha portato ad accentuare aspetti e caratteri  estremamente più legati alla solitudine, all'inquietudine e alla paura di una cosa molto più grande di noi.
L'altro tema sia pure marginale ma certamente profondo è la mia origine ebraica che non è così apparente e sempre riconoscibile, ma molte volte lo è, si tratta di un certo modo di rapportarsi con il mondo, una certa concezione del m ondo che viene dalla tradizione ebraica soprattutto illuministica.
Un elemento ricorrente affrontato nella raccolta è la vecchiaia, vissuta in modo ambivalente, è saggezza ma è anche infelicità fisica, è anche fine, per esempio, dello sci, sono stato un ottimo sciatore, ho smesso di sciare vicino ai 90 anni ed è stata un'enorme sofferenza; si può fare poesia anche raccontando semplicemente il piacere di una sciata in neve fresca. 
Altro aspetto sono i luoghi, le loro capacità di parlare, di essere vivi, come le piante; le piante non sono dei vegetali, sono degli esseri viventi, hanno tensioni, vitalità, comportamenti, quindi anche l'elemento del peaessgio come qualcosa di interiore ed esteriore, qualcosa che muta, che entra dentro al proprio modo di essere è un altro aspetto di questa poesia.
Anche l'amore è fondamentale, raccontato sempre come pienezza e privazione insieme,come qualcosa che si perde appena raggiunto, è infatti sempre una specie di continua riconquista, non dissimile da come dovrebbe essere il rapporto con una vera religiosità: se fossi un buon religioso sarei sicuramente un mistico e non aderirei ad una religione "rivelata", che si relazione attrraverso l'istituzione, il rapporto con il potere e la gerarchia; la religiosità per me è un rapporto diretto, sempre in dubbio e sempre pericoloso.
La scrittura in parte è un ritorno alla rima, di cui rivendico tardamente i grandi pregi, cioeè la sua capacità di mettere in comunicazione parole che altrimenti non comunicherebbero; la rima ti costringe ad una ginnastica mentale e intellettuale lascinado sfogo all'inconscio e quindi anche al rapporto, al paragone, all'incontro tra parole che normalmente nel linguaggio consueto e quotidiano non si incontrerebbero.
Questa è la poesia, questa infinità di luoghi, di atteggiamenti, di rapporti, di felicità e di infelicità e questa raccolta è l'insieme delle tarde esperienze di viat di un94enne ancora lucido e attivo, sicuramente un ulteriore aspetto positivo del mio fare poesia.»

Jona-EmilioEmilio Jona (Biella 1927) ha diviso la sua lunga vita tra il lavoro d’avvocato nell’antico studio di famiglia, le scienze umanistiche e la scrittura letteraria. Tra i molti suoi articoli e studi sull’oralità popolare (ha dedicato una particolare attenzione al canto politico e sociale ed è stato tra i fondatori del gruppo di Cantacronache nel 1958), si possono ricordare: Le canzonette che fecero l’Italia (Longanesi, Milano 1962) e, in collaborazione, Le canzoni della cattiva coscienza (Bompiani, Milano 1964), Cantacronache. Un’avventura politico-musicale degli anni cinquanta (Paravia, Torino 1995), Senti le rane che cantano. Canti e vissuti della risaia (Donzelli, Roma 2005, premio Nigra 2006), Senti il rombo del cannone. La grande guerra e il canto popolare (Neri Pozza, Vicenza 2018), Costantino Nigra. I canti popolari del Piemonte (Einaudi, Torino 2009-Neri Pozza, Vicenza 2019). Ha realizzato libretti d’opera per vari musicisti italiani; ha scritto, in collaborazione, testi per la radio e per il teatro, tra i quali: Il 29 luglio del 1900 (premio Riccione 1972), Per uso di memoria (per il Maggio musicale fiorentino, 1972). Ha pubblicato romanzi e racconti, tra i quali: Inverni alti (Amicucci, Padova 1959-Interlinea, Novara 2005), L’aringa (Scheiwiller, Milano 1984), Il celeste scolaro (Neri Pozza, Vicenza 1917, finalista al premio Bottari Lattes 2017), Il Fregio della vita (Neri Pozza, Vicenza 2019). Dagli anni 1948 ad oggi ha prestato una costante attenzione alla scrittura poetica, pubblicando, presso Mondadori, Tempo di vivere (1954) e, con All’insegna del pesce d’oro di Vanni Scheiwiller, La cattura dello splendore (1998) (finalista al premio Viareggio 1998, premio Catanzaro di poesia 1999).


Il non più possibile fruscio degli anni

di Emilio Jona

editore: Interlinea

pagine: 176

Un itinerario poetico della senilità, privo di smarrimenti e stanchezze, ricco di saggezza e meraviglia, fitto di paesaggi, illusioni, persone, affetti, indignazioni di un presente che è anche memoria pertinente di un passato, forza attiva, e non occasionale ornamento della nostalgia: «è una piccola impresa che intrica / le ore della vecchiaia / impudica, che al fondo / al fondo contiguo e fedele / ha l’inferno / che non chiude la porta / a un paradiso crudele».

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