La canzone inedita riaccende i riflettori su Bob Dylan
Nei giorni scorsi sul sito ufficiale bobdylan.com è apparsa questa breve nota: «Un saluto ai miei ammiratori e sostenitori con gratitudine per tutto il vostro aiuto e la vostra lealtà nel corso degli anni. Questa è una canzone inedita che abbiamo registrato un po’ di tempo fa e che potreste trovare interessante. State al sicuro, rispettate le norme e che Dio sia con voi. Bob Dylan». L’attenzione per il cantautore premio Nobel ha così riacceso i riflettori sulle sue provocazioni che Interlinea ha messo in evidenza in due libri, Parole nel vento. I migliori saggi critici su Bob Dylan, a cura di Alessandro Carrera, e Bob Dylan. Play a song for me, a cura di Giovanni A. Cerutti (entrambe in promozione sul nostro sito con uno sconto del 25%). Cerutti ha anche scritto un intervento sulla canzone, pubblicato su “La voce di Novara”:https://www.lavocedinovara.com/rubrica/un-delitto-efferato. Invece Carrera ne ha scritto sul “Doppiozero”:https://www.doppiozero.com/materiali/bob-dylan-murder-most-foul
Scrive Cerutti: «Il titolo Murthermostfoulè una citazione dell’Amleto. Nella quinta scena del primo atto, lo spettro del padre rivela al figlio di non essere stato morsicato da un serpente mentre dormiva in giardino, ma di essere stato vittima di un assassinio.Alla domanda stupita di Amleto: “Murther?”, lo spettro risponde: “Murthermostfoul”,“assassinio vilissimo”nella traduzione di Cesare Vico Lodovici. I primi quattro versi spiegano subito in modo quasi didascalico di quale assassinio narra la canzone:“‘twas a dark day in Dallas, November '63 / the daythatwould live on in infamy / President Kennedy was a-ridin' high / goodday to be livin’ and a goodday to die!”. Fu un giorno nero a Dallas, novembre ’63,/giorno d’infamia per l’eternità/il Presidente Kennedy era sulla cresta dell’onda,/un bel giorno per vivere, un bel giorno per morire. Nel canzoniere di Dylan, il presidente Kennedy è citato una sola volta, in I Shall Be Free, la canzone che chiude The Freewheelin’, pubblicato qualche mese prima dell’attentato. In modo scanzonato e giocoso, il ventiduenne Dylan, risponde a una telefonata del presidente che gli chiede cosa fare per far crescere il paese: «my friend John, Brigitte Bardot, Anita Ekberg, Sophia Loren». Qualche mese più tardi, dopo la tragedia, Dylan scriverà un breve ciclo di dolenti poesie note come The Kennedy Poems e mai pubblicate, anche se ampiamente circolate in edizioni pirata. Dunque, come mai solo ora e in queste circostanze affrontare questo snodo della vita pubblica americana? La risposta arriva man mano che la canzone procede… L’andamento del canto trasformail susseguirsi dei versi in una sommessa e accorata litania che evoca il potere della musica, e dell’arte in generale, di lasciare intravedere, anche solo per un momento, l’essenza della condizione umana. Una struttura testualeche è stata accostataalla lista di opere e artisti per cui vale la pena viverecon cui Woody Allen chiude Manhattan, ma che Dylan aveva già utilizzato in una poesia pubblicata nel 1964, l’Undicesimo epitaffio abbozzato. L’allora giovane Dylan evocava i suoi riferimenti musicali e concludeva con i versi: “’la musica, amico, è questa la risposta” /sono parole religiose/fuori le campane/suonavano/e stanno ancora suonando”».
Link al libro Bob Dylan. Play a song for me, a cura di Giovanni A. Cerutti
Link al libro Parole nel vento. I migliori saggi critici su Bob Dylan, a cura di Alessandro Carrera
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