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Critica e carità

Critica e carità Critica e carità
Critica e carità

Critica e carità: quando la letteratura era amicizia tra gentiluomini.
Quante scoperte nelle lettere tra Gianfranco Contini e Cesare Angelini

 

Arriva in libreria il volume Critica e carità. Lettere (1934-1965), a cura di Gianni Mussini con la collaborazione di Fabio Maggi e presentazione di Carlo Carena, il carteggio testimonianza dell'amicizia fra Cesare Angelini e Gianfranco Contini.

 

Presentazione on line
Giovedì 15 aprile 2021, ore 18

Con Angelo Stella e Gianni Mussini, introduce l'editore Roberto Cicala.
L'evento, organizzato dall'Almo Collegio Borromeo di Pavia, è realizzato in modalità on line sulla piattaforma Zoom.
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Critica e carità. Lettere (1934-1965)
di a cura di Gianni Mussini, con la collaborazione di , presentazione di 

Le lettere tra Gianfranco Contini e Cesare Angelini hanno l’inizio nel giugno del ’34, con un incontro mancato fra i due a Pavia, e l’estinzione nel maggio del ’60, dopo una quarantina di documenti, depauperati dal saccheggio fascista della casa dell’ossolano nel ’44. Inizia, come osserva Gianni Mussini, «con l’atteggiamento di un discepolo che cerca incoraggiamenti e consigli, e termina con due note inaspettate di entrambi in due lettere che s’incrociarono, in cui il sacerdote ripete allo studioso quanto gli espresse in un incontro il giorno precedente a Pavia, “il senso di un’amicizia ritrovata, e – perché no? – d’una consolante somiglianza d’anima”» (dalla presentazione di Carlo Carena)

 

«Caro don Angelini,
saprà o non saprà che uno dei primi di giugno feci, a Pavia, rinnovati quanto inutili tentativi di vederla. La già naturale spiacevolezza della cosa si accresceva per il fatto che Le recavo i saluti di Giacomo Debenedetti e di sua moglie;3 con l’invito loro e di altri Torinesi, a passar qualche giorno nei paraggi del corso San Maurizio, numero 36.4 Tutto questo si può anche dire per lettera, certo, come faccio ora: ma troppo languidamente, e aridamente».

«Ecco l’idea di pubblicare queste lettere significative dell’amicizia, tra il candido (ma acuto) rettore del Borromeo e l’"ermetico omiletico profetico" nuovo vate della critica letteraria italiana novecentesca. Il carteggio si compone di 40 pezzi, 18 dei quali angeliniani, che abbracciano il periodo 1934-1965. Un’irruzione della milizia di Salò (i "devastatori della mia casa" li chiama Contini, che fu protagonista dell’effimera ma non per questo meno gloriosa Repubblica dell’Ossola) ha causato nel 1944 la perdita di tutte le lettere di Angelini sino a quella data. Perdita non da poco, perché riguardante anni in cui il sacerdote pavese era un nome nelle lettere nazionali mentre il giovane Contini appariva sì come un astro nascente, ma non ancora pienamente riconosciuto, della nuova critica» (Gianni Mussini)





Cesare Angelini nasce ad Albuzzano (Pavia) nel 1886. Studia al Seminario di Pavia, retto da Giovanni Cazzani, suo docente di Italiano al liceo prima di essere nominato vescovo a Cesena, dove Angelini – ordinato sacerdote a Pavia nel 1910 da monsignor Francesco Ciceri – lo seguirà come segretario particolare, frequentando Renato Serra, direttore della Biblioteca Malatestiana.
Nell’estate del 1915 torna nel Pavese. Nel 1916 è chiamato alle armi, diventando cappellano degli Alpini. Di nuovo a Pavia, alterna l’insegnamento in Seminario con la cura d’anime a Torre d’Isola. 
Sul finire degli anni trenta collabora – da impolitico qual era – a “Il Popolo d’Italia”, l’organo del Partito Nazionale Fascista, e anche a “Primato”, la rivista aperta anche ad antifascisti fondata dal gerarca “critico” Giuseppe Bottai. Su interessamento dello stesso Bottai, nel 1939 viene nominato per «chiara fama» rettore dell’Almo Collegio Borromeo, dove rimarrà sino al 1961, ospitando per incontri e conferenze i più bei nomi della cultura del secolo: tra gli altri Marinetti, Croce, Papini, Cecchi, Bacchelli, Montale, Russo, Bo, Prezzolini, Contini, Ungaretti, Quasimodo.
Muore il 27 settembre 1976 e riposa nel cimitero di Torre d’Isola.

BIOGRAFIA COMPLETA


Foto di Luisa Bianchi per gentile concessione della famiglia Bianchi e di Anna Bruni.


Gianfranco Contini nasce a Domodossola il 4 gennaio 1912. Dopo gli studi liceali passa all’Università di Pavia, dove è ospite del Collegio Ghislieri e conosce Cesare Angelini. Si laurea in Lettere con una tesi su Bonvesin da la Riva, perfezionando poi i suoi studi con Santorre Debenedetti a Torino, dove frequenta la cerchia della casa editrice Einaudi (proprio con Giulio Einaudi pubblicherà nel 1939 un’innovativa edizione critica delle Rime di Dante).
Insegna per qualche tempo al Liceo classico Mariotti di Perugia; è in relazione con Gadda e Montale, dei quali contribuisce a comprendere e valorizzare l’opera, così come riconosce quella di un «maestro in ombra» quale Clemente Rebora, sacerdote rosminiano e suo docente al liceo. Ma sarà amico di altri grandi protagonisti del secolo letterario come Bacchelli, Cecchi, Pasolini. E giungerà a promuovere anche un outsider come Antonio Pizzuto.
Ha un incarico all’Accademia della Crusca e un insegnamento di letteratura francese, a Pisa. Ma nel 1938 è chiamato nella svizzera Friburgo, dove terrà la cattedra di Filologia romanza sino al 1952 essendo maestro, tra gli altri, di Dante Isella e D’Arco Silvio Avalle (rifugiati di guerra), oltre che dei ticinesi Giorgio Orelli, Romano Broggini e Giovanni Pozzi.
Nel 1944 partecipa all’esperienza della Repubblica partigiana dell’Ossola (10 settembre-23 ottobre). È socio dei Lincei dal 1962, presiede la Società Dantesca Italiana (dirigendo la rivista “Studi danteschi”) ed è responsabile del Centro di filologia dell’Accademia della Crusca.
Negli anni ottanta, anche per l’aggravarsi delle condizioni di salute (un ictus lo aveva colpito già nel 1970), si ritira nella sua casa di San Quirico sopra Domodossola, dove muore il primo giorno di febbraio del 1990.

BIOGRAFIA COMPLETA

Critica e carità

Lettere (1934-1965)

di Cesare Angelini e Gianfranco Contini

editore: Interlinea

pagine: 144

Le lettere tra Gianfranco Contini e Cesare Angelini in questo volume che mostra fra i due «il senso di un’amicizia ritrovata una consolante somiglianza d’anima»

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