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Natale in poesia. Versi sotto l’albero per una festa d’autore

Natale in poesia. Versi sotto l’albero per una festa d’autore Natale in poesia. Versi sotto l’albero per una festa d’autore
Natale in poesia. Versi sotto l’albero per una festa d’autore

Riproponiamo un estratto del testo di Roberto Cicala apparso su “Luoghi dell’infinito” nel dicembre 2109 a partire dall’antologia Natale in poesia, che raccoglie le più belle poesie di Natale, a cura sua e di Luciano Erba, con ricordi e suggestioni sul rapporto tra festività natalizia e letteratura in versi.

 «S’io fossi il mago di Natale / farei spuntare un albero di Natale / in ogni casa, in ogni appartamento / dalle piastrelle del pavimento» fu una delle piccole magie che colpirono la fantasia di bambino quando scoprii questi versi di Gianni Rodari in un grande libro bianco tra i regali scartati quel Natale d’infanzia negli anni sessanta. I disegni colorati e apparentemente facili di Bruno Munari, sulla copertina cartonata dei “Libri per ragazzi” Einaudi, esortavano davvero a immaginare incantesimi domestici «e sui rami i magici frutti: regali per tutti». Quel 25 dicembre nevicò e l’invito delle Filastrocche in cielo e in terra diventò un sogno da voler realizzare a tutti i costi: «con la mia bacchetta me ne andrei / a fare magie / per tutte le vie». E non fu difficile convincere i familiari a fare giochi di parole camminando sotto la neve e trovando rime per i nomi delle vie imbiancate, sulle orme rodariane: «per i grandi ci sarà / magari in via Condotti / l’albero delle scarpe e dei cappotti».

La sera, dopo spagnolette, mandarini e torroncini siciliani e dopo aver giocato in una sala attraversata da fili del modellino di funivia rossa tanto attesa, il nuovo libro fu una bella compagnia con la scoperta, tra le pagine, di un «pellerossa con le piume in testa / e con l’ascia di guerra in pugno stretta, / come è finito tra le statuine / del presepe, pastori e pecorine… / e la vecchina delle caldarroste?» La filastrocca mi colpì e ricordo che cercai un indiano tra i soldatini di plastica con cui giocavo in cameretta con mio fratello (si doveva abbattere lo schieramento avversario con un pallina da calciobalilla lanciata tra i due letti). E decisi, senza dire niente, di mettere l’indiano vicino a un pastore del presepe.

Il clima natalizio rese forse più affascinanti e certo più divertenti i versi di Rodari rispetto a quelli imparati a memoria per compito a scuola, anche se parlavano sempre di presepe, con «la pecorina di gesso, / sulla collina in cartone, chiede umilmente permesso / ai Magi in adorazione». In verità tra il «bue giallo» e il «ciuco nero» rievocati da Guido Gozzano ritrovavo ogni anno le forme delle mie statuine di cui andavo tanto orgoglioso, alcune proprio di gesso che cadevano frequentemente perché il muschio era bello soffice e spesso. Infatti era sempre fresco: lo raccoglievamo sulla salita del Sacro Monte di Varallo, nei pomeriggi domenicali dai nonni dopo il risotto coi tartufi e l’odore forte del piombo nella tipografia sotto casa delle edizioni Zanfa, con i grossi caratteri di legno per i titoli che sembravano grandi pedine del domino.

Tra l’albero e il presepe fu proprio quel volume a far nascere la prima curiosità per le parole che vanno a capo con la rima. Poi alle medie L’aquilone di Pascoli fatto leggere da un professore paterno fu la rivelazione della poesia che commuove nei versi «ansante, roseo, molle / di sudor, come dopo una gioconda / corsa di gara per salire un colle! / Meglio venirci con la testa bionda, / che poi che fredda giacque sul guanciale, / ti pettinò co' bei capelli a onda tua madre... / adagio, per non farti male». Tempo dopo, trascorso lo studio liceale, la veste editoriale sobria e pastellata di certi libri rinvenuti sulle bancarelle milanesi di largo Cairoli negli anni milanesi dell’Università Cattolica servì ad attirare l’attenzione sulla poesia: in quei volumetti all’Insegna del Pesce d’Oro di Vanni Scheiwiller, poi mio maestro di editoria, avvenne la scoperta di uno degli autori in grado di segnare una vita. Intendo Clemente Rebora e la sua richiesta straziante, insieme di grazia e sacrificio, per un segno che scaldi e sconvolga la «notte oscura» dell’esistenza e del dolore: «Gesù Signore, dammi il tuo Natale / di fuoco interno nell’umano gelo».

Su quelle bancarelle, soltanto negli ultimi anni sostituite da qualche bookshop on line come Maremagnum.com, ogni dicembre da oltre trent’anni scelgo un libro di argomento natalizio da impacchettare e mettere sotto l’albero, che poi va ad allungare l’infinito scaffale casalingo sul tema, in parte occupato dalla collezione di “Nativitas” di quasi cento dorsi dorati. E sono lieto quando trovo poesia o, meglio, narrazioni interiori in versi: chi ha detto che la poesia non racconta storie? Sono ancora grato all’amico che mi segnalò il Natale ferroviario di André Frénaud con san Giuseppe che «non aveva mai visto locomotiva / ed aveva paura di perdere i biglietti… / In piedi nel corridoio. Chi avrà compassione / d’una donna incinta e così bella e che geme?», finché all’arrivo nella stazione sul marciapiede, in un’epifania quasi felliniana, ecco «l’asino e il bue / già lì a parlottare». In effetti la poesia mi ha sempre fatto viaggiare: fino al caffè Florian con un testo di Alfonso Gatto per un 25 dicembre a Venezia ascoltando «il fischio del battello che sparve / nel largo delle campane».

Può sembrare curioso ma alle origini dell’idea di molte pubblicazioni natalizie stanno edizioni in fotocopia rilegate manualmente in poche copie per gli amici oppure cartoncini d’auguri con frasi o citazioni liriche capaci di esprimere un sentimento legato all’attualità. Tra queste ci sono i versi scritti a Napoli il 26 dicembre 1916 dal soldato Ungaretti, tra «le quattro capriole di fumo del focolare»; hanno il dono d’essere senza tempo, ideali per la confessione di ognuno di noi in un momento dell’esistenza: «Non ho voglia / di tuffarmi / in un gomitolo / di strade. / Ho tanta / stanchezza / sulle spalle / Lasciatemi così / come una / cosa / posata / in un / angolo / e dimenticata…»

Nessuno meglio di Luciano Erba, poeta «tranviere metafisico» e antologizzatore del long seller Natale in poesia tratto dalla sua ricca biblioteca (presso cui allestiva sempre con l’amata Mimia un presepe minimale ma molto vegetale), ha saputo interrogarsi su come si comporta la poesia ispirata dall’evento del Natale: «Si ferma solo alle apparenze? Coglie gli aspetti più suggestivi? Approfondisce il messaggio religioso? Lo illustra come meglio le riesce di fare? Promuove la nostra riflessione? Ci commuove? Ci fa migliori? Diremmo che la poesia, quando è davvero poesia, ottiene tutto questo d’un sol colpo: punta su un motivo di quelli sommariamente accennati lasciando gli altri nella penombra quasi fossero impliciti, oppure li modula come un musico sapiente, passando la sua voce da un tono all’altro, accordando il Leitmotiv con le ragioni dell’arte». E aggiunge provocatoriamente che «non sarà invece poesia la teologia in versi», perché occorre avvicinarsi senza filtri al sentire di magi e pastori che «avevamo pace / pace e tormento», come scrive Mario Luzi, immaginando il dramma presente nella storia, spesso oggetto dello sforzo della letteratura di dire l’indicibile. Sono tentativi che ormai arrivano anche via e-mail, come i testi che spedisce agli amici alla vigilia il critico e poeta Giovanni Tesio, per il quale «Il Natale ha guizzi di pace / semplice come un angelo di creta / ma la guerra ne soffoca la voce / ed è la morte che vince sulla vita (al Calvario è già la croce)».

Ogni Natale può essere davvero diverso grazie alle pagine dei poeti, seppure sembri ogni anno sempre uguale. È al centro dell’immaginario natalizio dei bambini c’è sempre meno quel Gesù Bambino che durante l’infanzia, e non solo, si pregava avendo nell’orecchio la melodia di Alfonso Maria De’ Liguori «Tu scendi dalle stelle, o re del cielo, / e vieni in una grotta al freddo, al gelo». Oggi i bambini ascoltano e cantano forse altro eppure anche i cantanti più pop non sono mai restati insensibili alla festa e al suo spirito: basterebbe riascoltare un vinile o una traccia su Spotify di Francesco De Gregori quando canta che «c’è la luna sui tetti, c’è la notta per strada, le ragazze ritornano in tram, ci scommetto che nevica, tra due giorni è Natale, ci scommetto che freddo che fa…»

La musica della poesia porta con sé il gusto delle parole per fissare le immagini più luminose di una festa fatta anche di sapori, fin da olive, pesce e abbacchio cantati da Gioachino Belli per ironizzare su «cuant’è ddivoto er popolo romano»…

Capita che oggi l’adulto che è stato bambino ieri riapre un libro accanto al presepe: nel mio non manca mai, accanto alla pecorina di gesso, quell’indiano dell’infanzia (ma nel tempo, coi figli piccoli, sono transitati anche Topolino, Buzz Lightyear e la Pimpa vicino ai Magi), perché l’idea dei versi di Rodari sul «pellerossa con le piume in testa / come è finito tra le statuine / del presepe?» non perde la sua freschezza. E ancora di più oggi dice con simpatia che il Natale è accoglienza del diverso e integrazione: «Non è il tuo posto, via, Toro seduto: / torna presto di dove sei venuto. / Ma l’indiano non sente. O fa l’indiano. / Ce lo lasciamo, dite, fa lo stesso? / O darà noia agli angeli di gesso?» Il grande volume bianco illustrato da Munari è nella libreria vicino a quel presepe e contiene quei versi finali che non invecchiano mai: «Forse è venuto fin qua, / ha fatto tanto viaggio, / perché ha sentito il messaggio: / pace agli uomini di buona volontà».

 Roberto Cicala

Natale in poesia

Antologia dal IV al XX secolo

a cura di Roberto Cicala, Luciano Erba

editore: Interlinea

pagine: 184

Ispirata dall’evento del Natale, come si comporta la poesia?

Natale in poesia

Antologia dal IV al XX secolo

a cura di Luciano Erba, Roberto Cicala

editore: Interlinea

«Ispirata dall’evento del Natale, come si comporta la poesia? Si ferma solo alle apparenze? Coglie gli aspetti più suggestivi? Approfondisce il messaggio religioso? Lo illustra come ­meglio le riesce di fare? Promuove la nostra riflessione? Ci commuove? Ci fa migliori? Diremmo che la poesia, quando è davvero poesia, ottiene tutto questo d’un sol colpo» (dalla presentazione). E tutto questo è nell’antologia Natale in poesia, di cui era attesa una nuova edizione. Da Efrem Siro e Ambrogio a Iacopone da Todi e Lope de Vega, da Manzoni e Heine a Pascoli e Claudel, da Gozzano a Eliot, da Montale a Turoldo per arrivare anche a Rodari e a Luzi: oltre sessanta tra i maggiori poeti dal IV secolo a oggi in una scelta impreziosita da illustrazioni d’arte.

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