La mattina che seguì, gli abitanti del villaggio, uno dopo l’altro, uscirono dalle casette malconce, osservando desolati quella distruzione.«La mia insalata! Non bastava l’asino di Peppino!»«Guardate le mie oche, sono rimaste tutte nude, senza più una piuma!»E chi piangeva la perdita dei suoi polli, chi raccattava in giro qualche tegola, chi raccoglieva i resti della sua imbarcazione con aria sconsolata.«Mamma, mammaaa! C’è un coso nel fiume, un coso grosso, grossissimo, grossissimissimo!» piombň in mezzo a loro il piccolo Totò.«Che cos’è, cosa hai visto?» tutti gli chiesero allarmati.«Non lo so, non lo so, è laggiù!» Totò era tanto trafelato da non riuscire quasi a parlare.Incuriositi, i paesani seguirono il bambino lungo il fiumiciattolo, che scorreva verso l’interno.Ed ecco che, al limitare del boschetto, dove l’ansa del fiume formava un piccolo lago, si fermarono esterrefatti: al di sopra dei ligustri e delle tamerici videro stagliarsi un enorme albero.
Tutti si avvicinarono increduli: l’albero gigantesco era su di un’isola, tanto piccina da sembrare quasi uno scoglio e le grosse radici, avvinghiate al terreno, la ricoprivano tutta e si tuffavano nelle acque del lago. Il tronco era smisurato, grande quanto una piazza, liscio, quasi levigato e gli enormi rami si snodavano qua e là ricoperti da un fitto fogliame. Fra quei rami, che sembravano accoglierlo in un abbraccio, c’era nientemeno che un vascello, all’apparenza un antico galeone spagnolo.