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Natale Mediterraneo

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Natale Mediterraneo
titolo Natale Mediterraneo
sottotitolo Scrittori del Sud raccontano
Argomento Letteratura (narrativa, poesia, saggistica...) Narrativa italiana
Collana Nativitas, 64
marchio Interlinea
Editore Interlinea
Formato
libro Libro
Pagine 144
Pubblicazione 2012
ISBN 9788882128104
 
12,00 11,40
 
risparmi: € 0,60
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Informazioni importanti

Racconti inediti di Carmine Abate, Dora Albanese, Cosimo Argentina, Massimo Cacciapuoti, Gaetano Cappelli, Andrea Di Consoli, Lucrezia Lerro Giuseppe Lupo, Raffaele Nigro, Mimmo Sammartino, Cristina Zagaria.
C'è qualcosa che caratterizza il Natale - mistero o segreto - che scaturisce dalla dimensione geografica e serpeggia nei testi degli scrittori con radici piantate nella terra del meridione radunati in quest'antologia. È come se un senso di diversa religiosità perseguiti gli autori, li accomuni in una matrice laica e sacrale, comica e sviante, che dà un po' la cifra a queste scritture e permette di carpire i segni di un Natale vissuto da individui nati in province periferiche - in Lucania, in Puglia, in Campania, in Calabria - e poi costretti dalle circostanze a separarsene. Natale mediterraneo significa anche questo: uno spaesamento da superare, una lontananza da accorciare, un vuoto da colmare.
 

Un brano del libro

Cicchtonn’ regalò una carezza a quel groviglio indistinguibile di carne che erano la madre con il figlio. Poi, dal fondo del suo pallore, si rivolse a Rosina: «Non c’è proprio niente che si può fare?» La levatrice lo osservò per la durata di un lungo sospiro. Finché rimuginò: «Forse una cosa si può ancora tentare...» «E che cosa?» chiese, più risoluto, Cicchtonn’. «Un bagno. Un bagno caldo. Ma non nell’acqua. Nel vino. Portate il miglior vino che avete nella casa» ordinò Rosina. «Certe volte, dicono i vecchi, è servito». Il contadino trasalì solo un attimo per quello che gli parve uno stravagante suggerimento. Ma non volle concedere tempo alle perplessità. Si precipitò in cantina, spillò dalla botte più pregiata il suo vino notturno e lo consegnò alla levatrice. La donna lo scaldò in una pentola di rame sopra il braciere, lasciando che i profumi – come angeli evanescenti – inebriassero la stanza. Poi versò il vino caldo nella tinozza e vi immerse il bambino. Lo bagnò con tenerezza. Lo massaggiò in ogni segreto del corpo. Il padre, la madre, le comari si fecero statue di sale. Tutti si sentirono precipitare nell’incanto degli aromi che aleggiavano nell’aria. Rimasero lì in silenzio a osservare Rosina che restituiva calore al piccolo naufrago. Rimasero lì, per un tempo indefinito, ad attendere l’arrivo dell’angelo. O il prodigio. Dalla strada salì l’eco di un canto: «O bambino mio divino...» E di vino fu.

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