A dieci anni dalla morte, Testori torna in una raccolta di interventi, compresa un’intervista inedita raccolta in margine alla prima rappresentazione della sua opera In exitu alla stazione Centrale di Milano: vita, droga, fede sono alcuni dei temi chiamati in causa dall’autore, che propone una sua «umanità totale» e anche una sua totale antiretorica e contraddittoria «cristicità» che però arriva ad essere «dono di tenerezza» per chi soffre.
Biografia dell'autore
Giovanni Testori
Nato da una famiglia di fervente fede cattolica, Giovanni Testori esprime nei suoi studi e in tutte le sue opere un forte legame con la religione. Frequentò il liceo San Carlo a Milano e si laureò in Lettere all’Università Cattolica del Sacro Cuore nel 1946 dedicando la sua tesi all’estetica del surrealismo. Sin da giovanissimo collaborò con alcune riviste dei Gruppi universitari fascisti, scrivendo articoli di critica d’arte contemporanea. I suoi studi si concentrarono soprattutto sulla pittura lombarda, dal realismo cinquecentesco al manierismo settecentesco. L’interesse dominante per l’arte antica e moderna non gli proibì di avvicinarsi a pittori a lui contemporanei quali Guttuso, Cassinari, Morlotti, dei quali seguiva con amicizia i lavori e i progressi. La prosa utilizzata nei saggi è fortemente evocativa: si fondono in essa il rigore interpretativo del critico e la capacità dello scrittore di offrire una lettura suggestiva, ricca di neologismi, della poetica degli artisti che egli maggiormente amava. Nel 1954 venne pubblicata da Einaudi la sua prima opera narrativa: Il Dio di Roserio. A questa seguiranno poi le opere del ciclo I segreti di Milano, nel quale Testori tratteggia le vicende umane della periferia milanese di quegli anni. Sin dal suo esordio come scrittore la produzione di Testori vuole rappresentare la realtà di Milano e del suo hinterland, ritraendo personaggi e ambienti di una società fortemente caratterizzata in senso geografico. La principale opera teatrale del Testori è L’Arialda, del 1960, che suscita grande scandalo per la sua presunta oscenità, perché venato di tematiche omosessuali. Proprio lo scandalo contribuirà a far conoscere l’opera di Testori al grande pubblico. Un elemento importante di tutta la scrittura testoriana è l’utilizzo di un linguaggio originale creato dalla fusione del dialetto lombardo con elementi estratti dalla lingua francese e inglese. Importanti in questo senso sono le tre opere teatrali racchiuse sotto il titolo di Trilogia degli Scarrozzanti, e cioè L’Ambleto (1972), Macbetto (1974) ed Edipus. Dopo questi tre testi si realizza appieno la conversione cattolica di Testori, che coincide con il suo avvicinamento al gruppo di Comunione e Liberazione da cui diceva di sentirsi accolto “nonostante la condizione di omosessuale”. Il suggello di questa conversione sarà dato dalla sua collaborazione assidua al settimanale del gruppo, “Il Sabato”, lungo gli anni ottanta. Testori collaborò molto con Franco Branciaroli, per il quale scrisse anche delle pièce teatrali; fra queste, In exitu, monologo di un tossicodipendente omosessuale che si prostituiva a Milano. Tale testo suscitò molto scalpore per le oscenità raccontate. Dal 1977 collabora con il “Corriere della Sera” succedendo a Pier Paolo Pasolini, prima come commentatore e successivamente in qualità di responsabile della pagina artistica. Si ammala di tumore nel 1990, e ne muore nel 1993. Nel 2005 la città di Varallo intitola alla sua memoria la piazza antistante il complesso monumentale del Sacro Monte, luogo prediletto dei suoi studi.