"Dorsi d'asino" si chiamano in Francia i dissuasori, i passaggi pedonali rialzati, che Giovanni Perrino, poeta cresciuto in Russia alla scuola di Evtushenko, eleva a simbolo della necessità di rallentare per riflettere: "La domanda che si pongono questi testi poetici è di quelle più classiche. La parola poetica come si pone in rapporto a un percorso di riflessione che nell'uomo contemporaneo può essere indotto da un trauma, una guerra o da un semplice bisogno interiore?".
Biografia dell'autore
Giovanni Perrino
Giovanni Perrino è nato a Palermo e vive a Mantova. Da anni si dedica alla poesia e alla critica letteraria, tessendo con passione legami e sintonie fra lingue e culture diverse a partire da quella russa. Con Evgenij Solonovich ha dato vita al premio Lerici Pea-Mosca con l’obiettivo di tradurre e far conoscere al pubblico dei due Paesi gli autori emergenti e le dinamiche in atto nei rispettivi ambienti letterari. Sue poesie sono state pubblicate in varie antologie e in riviste russe, armene e italiane. Ha pubblicato, tra l’altro, le seguenti raccolte: Malastrana, All’Antico Mercato Saraceno, Treviso 2004; Ellis Island, Interlinea, Novara 2007.
Un brano del libro
Icona
Il coro concluse avvertendo di non lasciare sul campo
Nostalgie né speranze che il vento avrebbe sparso
Indifferente nei lividi notturni di settembre quando
L’autunno s’annunciava picchiettando di giallo
I boschi e rigando di pioggia i vetri delle case
Era notte quando le ombre s’addensarono
E in coro muto ruppero il silenzio che scivolò
Lesto sull’asfalto cercando l’usuale varco
Parlarono le strade e fecero tremare le case
Non per paura o viltà mi rintanai nel vuoto
Del foglio bianco e ne annusai l’odore in trasparenza
A fianco della strada la rapida del torrente espelle sassi
Che rumorosi scendono a valle ad ogni piena
Le pale del vecchio mulino girano per bimbi e curiosi
Fra gli alberi lontano s’ode la bianca crepa dei lampi
Nella penombra la Vergine materna consegna Gesù
Il coro concluse avvertendo di non lasciare sul campo
Nostalgie né speranze che il vento avrebbe sparso
Indifferente nei lividi notturni di settembre quando
L’autunno s’annunciava picchiettando di giallo
I boschi e rigando di pioggia i vetri delle case
Era notte quando le ombre s’addensarono
E in coro muto ruppero il silenzio che scivolò
Lesto sull’asfalto cercando l’usuale varco
Parlarono le strade e fecero tremare le case
Non per paura o viltà mi rintanai nel vuoto
Del foglio bianco e ne annusai l’odore in trasparenza
A fianco della strada la rapida del torrente espelle sassi
Che rumorosi scendono a valle ad ogni piena
Le pale del vecchio mulino girano per bimbi e curiosi
Fra gli alberi lontano s’ode la bianca crepa dei lampi
Nella penombra la Vergine materna consegna Gesù