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La svolta e tutti i racconti

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La svolta e tutti i racconti
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Per la prima volta sono raccolti in volume tutti i racconti di Mario Bonfantini, critico letterario e romanziere, studioso di letteratura francese e italiana, partigiano nella val d’Ossola: «La cordialità, un ottimismo di fondo conservato e fors’anche accresciuto dalle molte peripezie e difficoltà di cui la vita non gli è stata avara, sono le qualità che in Mario Bonfantini mi hanno sempre sorpreso. Trovar simili doti in un uomo è piuttosto raro, oggi; trovarle poi in un uomo di penna ha dell’incredibile» (Eugenio Montale).
 

Biografia dell'autore

Mario Bonfantini

Mario Bonfantini
Mario Bonfantini è nato a Novara, il 15 maggio 1904, primogenito di Giuseppe Bonfantini e Maria Ferrari. Segnato da un’educazione socialista e antifascista dal padre, che fu sindaco di Novara dal 1915 al 1922, e di spirito europeo e francese dall’università a Torino, si laurea sul Marino, ma la sua prima opera è il Baudelaire. E impegno e laica pietas si coniugano nella sua impresa giovanile di antifascismo morale e culturale: la direzione della rivista mensile “La Libra” (1928-1930; si vedano l’utile antologia curata da A. M. Mutterle nel 1969 per la Liviana di Padova e il reprint di tutti i dodici numeri dell’editore Forni, Sala Bolognese, nel 1980). L’altro pilastro di intellettuale militante, che chiude l’arco della lunga giovinezza, è nell’immediato dopoguerra la direzione a Milano di “Società nuova”, mensile «politico e letterario» (1945-1946). In mezzo, una fitta e avventurosa esistenza di libri e lezioni private, di saggi e traduzioni, di elzeviri e cronache sportive e sceneggiature, di giornate in bici, sul Rosa o sul Ticino. Una vita che culmina in due exploit. Nell’agosto-settembre 1939 il primo, di lieta esuberanza, il viaggio in barca a remi, con la moglie Mary Molino, sposata due anni prima, e con l’amico d’infanzia Giorgione De Blasi, da Novara a Ferrara. La grande prova il secondo, quando si getta, il 22 giugno 1944, dal treno in corsa, dal vagone piombato che lo deportava in Germania (da qui il romanzo Un salto nel buio); seguirà l’esaltante premio di una parte di primissimo piano nella Repubblica partigiana dell’Ossola. Ma dopo la Liberazione, la carriera universitaria non gli è più preclusa per motivi politici. Così si decide a fare il professore. Vince la cattedra di Letteratura francese nel 1955. Insegna a Napoli e poi a Torino, dove muore, vedovo da qualche anno, il 23 novembre 1978. In questi ultimi trent’anni ha tradotto Rabelais e Baudelaire, ha scritto Stendhal e il realismo e molti saggi, anche di italianistica, ha ritratto il paesaggio e la civiltà del Novarese, dell’Orta, della Valsesia, e ha anche messo insieme cinque libri di narrativa. I suoi racconti sono raccolti in La svolta e tutti i racconti

Un brano del libro

Fu proprio su quel tratto di discesa – non più vera contrada del paese e non ancora del tutto stradone – che dalla piazzetta porta giù al casone dei pioppi dove abitava Erminio e io con lui, suo ospite: tratto incassato fra il muraglione di sostegno a sinistra e la lunga cinta della canonica a destra. Una strada che mi spiacque subito al primo sguardo: perché per cinquanta metri almeno vi si andava rinserrati, senza una traversa o un portone dove scantonar via in caso di «emergenza». Tutte le sere uscendo per la cena mi ripromettevo di evitarla al ritorno, benché ciò richiedesse un giro abbastanza lunghetto, e disagevole, al buio. E tutte le notti, tornando, mi ci ritrovavo col fedele Erminio, avendo dimenticato nel fervore dei discorsi serali e delle inerenti bevute i prudenti pensieri di poche ore prima.

chi s'aiuta il ciel l'aiuta, dice il proverbio, e se mai uomo si sta aiutando con le unghie e con i denti e con tutta l'animaccia, sono io quello, no?

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