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I Moncalvo

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I Moncalvo
titolo I Moncalvo
autore
curatore
con testi di
Argomento Letteratura (narrativa, poesia, saggistica...) Narrativa italiana
Collana Biblioteca di narrativa, 41
marchio Interlinea
Editore Interlinea
Formato
libro Libro
Pagine 244
Pubblicazione 2019
ISBN 9788868572648
 
15,00 14,25
 
risparmi: € 0,75
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«Chi aveva la gloria, chi la ricchezza, chi il blasone; la felicità non l’aveva nessuno»: è quasi un’epopea quella dei Moncalvo, famiglia di un ricco banchiere ebreo che vive a Roma e cerca con ogni mezzo di entrare a far parte dell’aristocrazia reazionaria papalina cui si contrappone la figura del fratello Giacomo, austero scienziato positivista. Il libro di Enrico Castelnuovo (1839-1915), in fase di riscoperta e di studio nelle università americane, è uno dei testi tipici del realismo tardoromantico a cavallo del 1900 dentro «il ritratto quasi buddenbrookiano di una famiglia ebraica tra l’ansia di riconoscimento sociale e la fedeltà ai valori della scienza». A cura di Gabriella Romani con una nota di Alberto Cavaglion che definisce I Moncalvo un avvincente «romanzo a tesi».

 

Biografia dell'autore

Enrico Castelnuovo

Enrico Castelnuovo nacque a Firenze l’8 febbraio 1839 in una famiglia ebraica. Il padre, Amaddio, era un commerciante che, per sfuggire a creditori e ufficiali giudiziari, si trasferì poco dopo la nascita del figlio in Egitto, da cui però non fece più ritorno. La madre, Nina Benvenuta Pincherle, abbandonata dal marito, decise nel 1840 di tornare a vivere a Venezia, la sua città di origine, dove Enrico trascorse il resto della sua vita. A causa delle ristrettezze economiche della famiglia, Enrico Castelnuovo non poté accedere agli studi universitari e, benché molto portato per le materie umanistiche, frequentò le scuole tecniche che gli permisero nel 1854, all’età di quindici anni, di trovare un impiego con cui poter contribuire al sostentamento della famiglia. Lavorò inizialmente per lo zio Samuele Della Vida, proprietario di una ditta che importava olio d’oliva dal sud d’Italia, ma nel 1869, a causa di dissidi con il cugino Cesare Della Vida, che aveva rilevato la ditta del padre, Castelnuovo abbandonò l’attività commerciale per dedicarsi prima al giornalismo e poi all’insegnamento. Nel frattempo si era sposato con la cugina Emma Levi Della Vida – la sorella di Amelia che di lì a breve diventerà la moglie di Luigi Luzzatti – da cui ebbe tre figli: Guido (1863), morto subito dopo la nascita, Guido (1865) che divenne un famoso matematico e Bice (1867) che si dedicò alla pittura e rimase a vivere con il padre. Emma Levi morì di parto dando alla luce Bice e Castelnuovo non si risposò più. A partire dal 1864 Castelnuovo cominciò a collaborare come giornalista per varie testate locali tra cui “Il Messaggiere Veneto”, l’“Età presente”, “Il Veneto” e l’“Archivio Veneto”, esperienze che nel 1870 lo portarono a dirigere “La Stampa” di Venezia, precedentemente diretta da Alessandro Pascolato. In quegli anni intanto a Milano frequentava i principali circoli culturali e salotti letterari della città dove ebbe modo di conoscere Emilio Treves, Giovanni Verga, Leone Fortis, Paolo Ferrari e i fratelli Boito. Con Camillo Boito, Salvatore Farina e Cesare Cantù, Castelnuovo partecipò al “Congresso per la proprietà letteraria”, organizzato nell’ottobre del 1878 dall’Associazione tipografico-libraria italiana per tutelare i diritti d’autore in Italia e all’estero. Agli anni settanta del secolo risalgono le sue prime collaborazioni con le maggiori riviste culturali e letterarie nazionali, dove pubblicò racconti, poesie e saggi, dalla “Nuova Antologia”, all’“Illustrazione Italiana”, “Perseveranza”, “Museo di Famiglia” e “Fanfulla della Domenica”; per quest’ultimo scrisse anche articoli come corrispondente da Venezia con lo pseudonimo di Tita. Castelnuovo fu noto all’estero e tradotto in inglese, francese, tedesco e russo, e all’inizio del Novecento alcuni suoi racconti furono letti alla radio per alcuni programmi culturali serali trasmessi a Londra dalla BBC. Dal 1872 lavorò alla Scuola Superiore di Commercio (oggi l’Università Ca’ Foscari di Venezia), prima come docente e, successivamente, dal 1905 al 1914, come direttore. Morì a Venezia il 22 giugno 1915.
Di Enrico Castelnuovo Interlinea ha pubblicato nel 2019 il romanzo I Moncalvo.
 

Un brano del libro

Arrivato a Roma la sera innanzi dopo un lungo soggiorno all’estero, Giorgio Moncalvo aveva voluto recarsi la mattina presto a Villa Borghese, ove lo chiamavano molti ricordi della sua adolescenza. Egli tornava da una grande metropoli, ricca di tutti gli agi della vita, di tutte le raffinatezze del gusto, di tutti gli strumenti del sapere, superba di recenti trofei, orgogliosa della sua civiltà prepotente e dominatrice; tornava da Berlino che a lui, spirito scientifico e indagatore, aveva offerto larghi mezzi di studio quali non può ancora offrire l’Italia. Eppure quest’Italia, non ricca, non vittoriosa, verso cui egli aveva rivolto i suoi passi con l’aria umiliata di figlio che quasi si vergogna della madre, quest’Italia lo aveva riavvinto a sé fin dal momento che, sboccando dalle gallerie del Gottardo, egli si era affacciato ai piani e ai laghi di Lombardia. E di mano in mano ch’egli procedeva nel suo viaggio lungo le coste del Mar Ligure e del Tirreno, egli aveva sentito crescere in lui e farsi sempre più caldo, più intenso l’amor della patria. Com’era bella la sua Italia in quello scorcio d’ottobre! Là a Nord, dond’egli scendeva, erano ormai i segni precursori dell’inverno; già nei parchi lisciati e pettinati cadevano dai rami le foglie rapite in giro dal vento; già ogni cosa intristiva nel cielo bigio, umido e freddo; qui l’aspetto della natura accennava appena a una voluttuosa stanchezza e l’estate pareva tuttavia indugiarsi e sorridere attraverso il tepore dell’aria e la luce del sole.
Quest’impressione provava Giorgio Moncalvo percorrendo nell’ora mattutina i larghi viali di Villa Borghese, e fermandosi di tratto in tratto a guardar le praterie smaltate di fiori ove i cavalli pascolavano liberi, e le grandi masse degli alberi che intrecciavano, senza confonderle, le gradazioni infinite dei loro verdi; dal verde cupo del pino, al verde opaco della quercia, al verde tenero della robinia.
Pressoché deserta quand’egli v’era entrato, la Villa andava a poco a poco animandosi… Qualche carrozza di forestieri ai quali il cocchiere faceva da cicerone; qualche coppia romantica; qualche ciclista solitario; qualche governante coi bimbi; qualche ordinanza a cavallo; qualche gruppo di preti… Passò una compagnia di soldati; passò, col ronzio d’un enorme moscone, un’automobile polverosa, lasciando dietro di sé un forte odor di benzina; passò, proprio dinanzi a Moncalvo, un allegro manipolo di studenti.
Egli pensava: «Anch’io… un tempo!»
Dov’era andato quel tempo?

Rassegna stampa per I Moncalvo

da "IL Foglio", Eugenio Murrali su "I Moncalvo" di Enrico Castelnuovo
Da "Internazionale", Frederika Randall su "I Moncalvo" di Enrico Castelnuovo
Da "Il Mattino", Massimo Novelli su "I Moncalvo" di Enrico Castelnuovo
Da "Il Fatto quotidiano", Massimo Novelli su "I Moncalvo" di Enrico Castelnuovo
Da "Il Sole 24 Ore", Tommaso Munari su "I Moncalvo" di Enrico Castelnuovo

Notizie che parlano di: I Moncalvo

Riscoprire la Roma di inizio Novecento con I Moncalvo, a cura di Gabriella Romani, con una nota di Alberto Cavaglion

Tale la sorte dei Moncalvo, invidiati forse dal mondo. Chi aveva la gloria, chi la ricchezza, chi il blasone; la felicità non l'aveva nessuno

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