Le montagne di don Patagonia

titolo | Le montagne di don Patagonia |
autore | Laura Pariani |
Argomento | Letteratura (narrativa, poesia, saggistica...) Narrativa italiana |
Collana | Biblioteca di narrativa, 23 |
marchio | Interlinea |
Editore | Interlinea |
Formato |
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Pagine | 76 |
Pubblicazione | 2012 |
ISBN | 9788882127992 |
Disponibile anche nel formato
Biografia dell'autore
Laura Pariani

Frequente la sua partecipazione ad antologie di racconti, fra cui Di Orta un Po. Scrittori torinesi in riva al lago (Interlinea, Novara 2010). Sempre per Interlinea nel 2012 ha pubblicato Le montagne di don Patagonia e nel 2014 Il nascimento di Tònine Jesus. Ha scritto testi per opere teatrali e ha partecipato alla sceneggiatura del film Così ridevano (regia di Gianni Amelio), Leone d’oro al festival di Venezia nel 1998. I suoi ultimi libri sono: Questo viaggio chiamavamo amore (Einaudi, Torino 2015), Che Guevara aveva un gallo (con Nicola Fantini, Sellerio, Palermo 2016), «Domani è un altro giorno» disse Rossella O’Hara (Einaudi, Torino 2017) e Il lago dove nacque Zarathustra (con Nicola Fantini, Interlinea, Novara 2018)
Un brano del libro
«E l’angelo del Signore toccò Elia che dormiva e gli disse: “Alzati e mangia, perché un cammino lungo ti resta da fare”. Egli allora si alzò, mangiò e bevve; e in virtù di quel cibo camminò quaranta giorni e quaranta notti, fino al monte Horeb, trono del Signore. Là giunto, entrò in una grotta per passare la notte. Ma di nuovo l’angelo raggiunse Elia, lo toccò sulla spalla e lo risvegliò: “Esci fuori, e mettiti in ascolto”. Ciò fatto, ecco alzarsi un forte vento che urlava nelle gole e spezzava le pietre, ma il Signore non era nella tempesta. Poi venne un terremoto che scosse il pendio, facendo da ogni parte rotolare massi, ma il Signore non era nel terremoto. Poco dopo ecco il fuoco dei fulmini a squarciare la notte, ma il Signore non era nel fuoco. Infine sopraggiunse il soffio di un vento leggero come un sospiro. Quando Elia lo udì, comprese che era la voce di Dio e si coprì il viso con un mantello, prosternandosi...»
Il vecchio alza lo sguardo verso la finestra aperta, a contemplare le montagne. La pioggia che per tutto il pomeriggio è caduta con insistenza è finalmente cessata. Ora in giardino i rami degli alberi sgocciolano lentamente. Nel cielo si è aperto uno squarcio di azzurro pallido, dove la stella della sera si sta accendendo.
Sorride tra sé, ripensando alle parole della Bibbia – la voce dell’Onnipotente come il soffio di un vento leggero... – e al filo d’aria che adesso si è levato. Questo sussurrare di foglie e di erbe, che è la lingua di Dio che l’uomo non sa più intendere: Lui si accosta a noi con un passo così felpato che non lo avvertiamo.
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Nella stanza è entrato un giovane prete portando un vassoio con una tazza di tisana. Lo posa sul tavolino, affianco alla poltrona del vecchio. Tossicchia, coprendosi con una mano i denti ingialliti; poi suggerisce sommessamente: «Non so se le fa bene l’aria umida della sera, padre De Agostini... Forse sarebbe meglio chiudere la finestra».
Il vecchio sospira e scuote la testa: «Ma no, don Franchino, lasciamola aperta ancora un momento. È così dolce il profumo che sale dal giardino dopo il temporale».
Sorride tra sé: la fragranza della terra lavata dalla pioggia recente gli ha sempre riempito l’animo di un’intensa esaltazione. Qualcosa di unico, che gli riesce difficile descrivere con parole. L’impressione di essere come il misero islandese, di leopardiana memoria, davanti a Madama Natura. L’ha provata tante di quelle volte durante le sue scalate in montagna: la sensazione di trovarsi di fronte a qualcosa che ha una sua esistenza separata, di fronte alla quale l’uomo è come un estraneo – un ospite? – a cui in occasioni particolari potrebbe anche venire concesso di occhieggiare da un pertugio, mentre le vere porte sono aperte soltanto agli stambecchi, alle marmotte o alle aquile... Uno di quei sentimenti che dopo la pioggia ha sempre avuto l’impressione che si rinforzassero – nei boschi di Oropa, come nei faggeti della Patagonia – quasi che la grande opera di pulizia e di fecondazione dell’acqua fosse uno speciale messaggio diretto proprio a lui.