Piero alla guerra

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Ascolta la voce dell'autrice e guarda alcune sue illustrazioni inedite per il libro nel booktrailer di Piero alla guerra su Youtube
Rievocando Fabrizio De Andrè, che cantava la follia dell'odio nella sua ballata La guerra di Piero, Laura Pariani narra storie che s'incrociano lungo tre conflitti: la Grande Guerra sul fronte del Carso; la seconda guerra mondiale nella ritirata italiana di Russia e il conflitto tra Argentina e Inghilterra nel 1982 per le isole Malvinas. Sono tre giovani Pieri che, come tanti coetanei, partono per una guerra che non hanno voluto. Con tre Ninette che aspetteranno inutilmente il loro ritorno: «Stasera, finita la commemorazione dei caduti, sono tornata a casa col magone: quanto parlare a vuoto con paroloni altisonanti. Il cielo è terso, brillante di stelle. Quand'ero piccola mi contavano la favola che le stelle sono gli occhi delle persone morte per amore. E chissà che non sia vero che soltanto l'amore, e non l'eroismo, possa concedere l'eternità»
 

Biografia dell'autore

Laura Pariani

Laura Pariani
Laura Pariani nasce a Busto Arsizio nel 1951 e oggi vive sul lago d’Orta. Trascorre l’infanzia a Magnago, nel Milanese, in un ambiente ancora in gran parte contadino e nel 1966 compie con la madre un viaggio in Argentina per conoscere il nonno materno. Queste due esperienze – da una parte il mondo contadino con i suoi personaggi e i suoi miti e dall’altra il viaggio con la madre in Argentina, dove tornerà anche in età adulta – avranno una grande influenza sulle sue opere. Laureata in Filosofia della storia presso l’Università Statale di Milano, negli anni settanta disegna e scrive storie a fumetti (Perché non i fiori, La salamandra, Milano 1975; La fata rovesciata, Ottaviano, Milano 1976) e fino al 1998 insegna in una scuola superiore. Il suo primo libro, del 1993, è la raccolta di racconti Di corno d’oro edito da Sellerio, con cui ha vinto il premio Grinzane Cavour e il premio Piero Chiara. Le sue opere (tradotte in varie lingue) vanno da La foto di Orta (Rizzoli, Milano 1999, premio Elio Vittorini 2001, ripubblicato da Interlinea nel 2017) a Patagonia blues (Effigie, Milano 2006) fino ai recenti Milano è una selva oscura (Einaudi, Torino 2010, finalista al premio Campiello), La valle delle donne lupo (ivi, 2011), Il piatto dell’angelo (Giunti, Firenze 2013) e, insieme a Nicola Fantini, Nostra Signora degli scorpioni (Sellerio, Palermo 2014).
Frequente la sua partecipazione ad antologie di racconti, fra cui Di Orta un Po. Scrittori torinesi in riva al lago (Interlinea, Novara 2010). Sempre per Interlinea nel 2012 ha pubblicato Le montagne di don Patagonia e nel 2014 Il nascimento di Tònine Jesus. Ha scritto testi per opere teatrali e ha partecipato alla sceneggiatura del film Così ridevano (regia di Gianni Amelio), Leone d’oro al festival di Venezia nel 1998. I suoi ultimi libri sono: Questo viaggio chiamavamo amore (Einaudi, Torino 2015), Che Guevara aveva un gallo (con Nicola Fantini, Sellerio, Palermo 2016), «Domani è un altro giorno» disse Rossella O’Hara (Einaudi, Torino 2017) e Il lago dove nacque Zarathustra (con Nicola Fantini, Interlinea, Novara 2018)

Un brano del libro

Sono partito per le Malvinas, imbottito di belle parole: «La vittoria praticamente ce l’abbiamo in tasca» sbandieravano i giornali. «La Marina e l’Aviazione hanno già sgombrato il campo dal nemico. Le truppe di terra si limiteranno a svolgere manovre d’appoggio» e baggianate dello stesso tipo.
Mi ricordo che la gente eccitata gridava per le strade: «Recuperiamo le Malvinas!» Perché, qualunque fosse l’idea politica che uno aveva in testa, eravamo tutti d’accordo sul fatto che le Malvinas non potevano appartenere all’Inghilterra che stava dall’altra parte del mondo.
Senza contare la propaganda con toni da crociata contro i soldati inglesi rappresentati come una banda di degenerati. “Los vicios” era la didascalia di una foto che rappresentava marinai nemici che si impienivano di birra in un pub; oppure l’altra con un aviatore inglese che fumava nella sua branda accanto al busto di Beethoven… A pensarci bene, con distacco, adesso mi chiedo cosa ci fosse di “vizioso” in tutto questo: erano ragazzi come me, che amavano le bevute con gli amici e si appassionavano alla musica…
Ma allora, prima di partire, non me ne rendevo conto, pieno di entusiasmo patriottico com’ero; tanto più che mi dicevo: «Sarà una faccenda veloce, la guerra è quasi vinta, il più è fatto…» Ché io mi bevevo i quotidiani di quei giorni: titoloni che proclamavano che stavamo vincendo con facilità e vignette che ritraevano i nostri che ricacciavano l’incursione di elicotteri nemici, la Royal Navy in fiamme, sottomarini inglesi che colavano a picco… Già il fatto che non fossero fotografie ma disegni avrebbe dovuto farmi presagire la truffa… Non erano altro che balle, non avevano niente a che fare con la realtà.

E se gli sparo in fronte o nel cuore / soltanto il tempo avrà per morire, / ma il tempo a me resterà per vedere / vedere gli occhi di un uomo che muore...