Una storia emblematica sull’emigrazione e sull’ingiustizia della dittatura argentina. Il romanzo autobiografico prende avvio da rapimento, scomparsa e uccisione del nonno dell’autrice, alla cui famiglia la dittatura sottrasse la casa assieme a tutti i vigneti. La vicenda, tra passioni e dolori, è raccontata in prima persona con gli occhi di una testimone della tragedia collettiva vissuta dall’Argentina di quegli anni, ma è anche una storia italiana che racconta chi erano e come vivevano i nostri emigrati, che fondarono l’ancora fiorente industria argentina del Malbec.
Biografia dell'autore
Maria Josefina Cerutti

María Josefina Cerutti, italo-argentina, pronipote di Emanuele Cerutti nato nel 1864 a Borgomanero, in provincia di Novara, è nata a Mendoza, ai piedi delle Ande. Si è laureata in Sociologia a Buenos Aires e a Trento con due tesi sul ruolo degli emigrati italiani nel mondo del vino e da allora si è dedicata a studiare l’emigrazione italiana in Argentina. María Josefina continua a scrivere anche su varie testate di Buenos Aires, si dedica alla diffusione della cultura e della letteratura del vino e insegna yoga all’Università Nazionale delle Arti di Buenos Aires. Con Interlinea ha pubblicato il romanzo autobiografico Vino amaro. Una storia di emigrazione e dittatura.
Un brano dal libro
Gli uomini in blu, con stivali, passamontagna e armi in pugno, erano già nel patio quando Coco sentì gridare: «Dov’è quel vecchio di merda? Svegliati, figlio di puttana, veniamo a ucciderti».
Mio padre avrebbe voluto prendere la sua 45 millimetri, ma non riuscì a reagire. A quell’ora l’alcol lo teneva incollato alla sedia. Per sicurezza, comunque, le bestie gli diedero tanti di quei pugni che Coco rimase riverso sul pavimento. A malapena vide passare Victorio incappucciato: lo stavano portando via a spintoni. E ci mancò poco che si portassero via pure lui. Ma uno dei sequestratori gridò: «Lasciatelo, non vedete che è ubriaco? Il vecchio e l’ingegnere sono più che sufficienti».
Non fecero più ritorno. Né Victorio Cerutti né suo genero, Omar Masera Pincolini, che sequestrarono la stessa notte, mentre dormiva con mia zia Malou e i miei tre cugini nella Casita, una delle case nella vigna di Victorio. Li cercammo per mari e monti. «Forse sono stati portati via dai guerriglieri», dicevano i militari argentini.