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Frammenti lirici

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Frammenti lirici
Titolo Frammenti lirici
Autore
Curatori , ,
Argomento Letteratura (narrativa, poesia, saggistica...) Poesia italiana
Collana Lyra, 30
Marchio Interlinea
Editore Interlinea
Formato
Formato Libro Libro
Pagine 864
Pubblicazione 2008
ISBN 9788882126100
 
36,00 34,20
 
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Per la prima volta un’opera poetica del Novecento è spiegata con un commento tanto esteso, tra lingua stile e filologia, nella convinzione che sia l’«amore della parola» a far parlare il testo in tutte le sue implicazioni, rendendo conto anche dei passaggi più ardui e svelandone i più nascosti tesori. I Frammenti lirici di Clemente Rebora (secondo Contini una delle «personalità importanti dell’espressionismo europeo»), usciti nel 1913 in pieno clima vociano, sono la grande avventura di un giovane che vuole misurarsi con il mondo degli affetti, delle idee, delle parole, dei suoni, e tutto fondere a tentare una verità percepibile ma non sempre rivelabile. Come scrive nel primo frammento: «Qui nasce, qui muore il mio canto: / E parrà forse vano / Accordo solitario; / Ma tu che ascolti, rècalo / Al tuo bene e al tuo male: / E non ti sarà oscuro».
 

Biografia dell'autore

Clemente Rebora

Clemente Rebora

Clemente Rebora nasce a Milano il 6 gennaio 1885. Frequenta, ivi, tutte le scuole: dalle elementari al ginnasio-liceo (Parini), all’università (Accademia Scientifico-Letteraria) dove si laurea in Lettere. Dal 1910 al 1915 insegna a Milano, Treviglio e Novara. Ufficiale nella Grande Guerra 1915. Insegna a Como e a Milano. Quivi, anche all’Accademia Libera “Cento”. Nel 1929 viene alla Fede. Nel 1931 è novizio dell’Istituto della Carità (Padri Rosminiani) al Monte Calvario di Domodossola. 13 maggio 1933: ivi, emette la sua professione religiosa. 1936 (20 settembre): ordinato sacerdote a Domodossola. Vive a Stresa, nel Collegio Rosmini». Così l’asciutta Nota biografica dettata dal poeta per la prima edizione nel dicembre 1955 del Curriculum vitae (che riceve il premio “Cittadella”). Aggiungiamo che dall’ottobre di quello stesso anno è infermo a letto, ma un’emorragia cerebrale lo aveva colto già tre anni prima. Dopo una passio fisica e spirituale durata venticinque mesi muore il 1° novembre 1957. Scrive il giorno dopo Eugenio Montale per il “Corriere della sera”: «È un conforto pensare che il calvario dei suoi ultimi anni – la sua distruzione fisica – sia stato per lui, probabilmente, la parte più inebriante del suo curriculum vitae».

Per il resto, occorre almeno segnalare la giovinezza intellettualmente intensa, in amicizia con Antonio Banfi, Angelo Monteverdi, Michele Cascella, Sibilla Aleramo (legandosi affettivamente alla pianista russa Lidia Natus, grazie alla quale potrà tradurre opere di Andreef, Tolstòj e Gogol’), la collaborazione a riviste letterarie e in particolare alla “Voce” di Prezzolini, che nel giugno del 1913 gli pubblica i Frammenti lirici, mentre per le edizioni del “Convegno” escono nel 1922 i Canti anonimi, sette anni dopo un trauma provocato dall’esplosione di un obice mentre combatteva la Grande Guerra sul Podgora: gliene verrà un grave esaurimento nervoso diagnosticatogli emblematicamente come «mania dell’eterno». Finita la guerra, crescono i suoi interessi religiosi, che si innestano in una profonda fede mazziniana; e avverte l’urgenza di un impegno sociale, anche nell’insegnamento. Tiene corsi e conferenze. Nel 1928 al Lyceum di Milano, nell’ambito di una serie di incontri sulla storia delle religioni, inizia a parlare degli Atti dei Martiri Scillitani, ma s’interrompe: «Esitò, si sforzò. La vista gli si annebbiava. Qualche cosa gli stringeva la gola. Si prese la testa fra le mani. Si sentì smarrito. Non fu capace di proseguire» (così Margherita Marchione). La conversione è matura. Il 24 novembre 1929 Rebora riceve la prima Comunione dal cardinal Schuster. Passa poi al Collegio Rosmini di Stresa, sotto la guida spirituale di padre Giuseppe Bozzetti. Prende i voti religiosi nel 1936. Nel 1947 il fratello Piero cura un’edizione delle Poesie per Vallecchi e, dopo il Curriculum, nel 1956 il giovane editore Vanni Scheiwiller fa uscire all’Insegna del Pesce d’Oro i Canti dell’infermità,accresciuti l’anno dopo; nel 1961 dà invece alle stampe una più completa edizione delle Poesie, poi replicata nel 1982.

Una recente edizione di tutte le poesie, negli “Elefanti” Garzanti, è del 1994 – poi più volte ristampata – a cura di Gianni Mussini e dello stesso Vanni Scheiwiller; ma ora quei testi sono leggibili anche nel “Meridiano” di Poesie, prose e traduzioni, a cura di Adele Dei e con la collaborazione di Paolo Maccari, pubblicato da Mondadori nel 2015 con un’informatissima Cronologia.

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Qui nasce, qui muore il mio canto:/ E parrà forse vano / Accordo solitario; / Ma tu che ascolti, rècalo / Al tuo bene e al tuo male: / E non ti sarà oscuro

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