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Il progetto di Interlinea nello specchio del catalogo dei primi 25 anni di libri

Il progetto di Interlinea nello specchio del catalogo dei primi 25 anni di libri Il progetto di Interlinea nello specchio del catalogo dei primi 25 anni di libri
Il progetto di Interlinea nello specchio  del catalogo dei primi 25 anni di libri

“Nell’Interlinea della letteratura da 25 anni” è stato il titolo della tavola rotonda promossa dal Laboratorio per l’editoria Formentini sabato 18 novembre 2017, in occasione di Bookcity Milano, per la presentazione del Catalogo storico delle edizioni Interlinea. I primi 25 anni di libri (1992-2016) edito da FrancoAngeli, a cura di Alessandro Curini. Sono intervenuti lo storico dell’editoria Gian Carlo Ferretti, che ha scritto il saggio introduttivo, lo scrittore e bibliofilo Andrea Kerbaker, il giornalista di “la Repubblica” Armando Besio, lo storico del libro e delle biblioteche Giorgio Montecchi, cui si deve la premessa, con gli editori Roberto Cicala e Carlo Robiglio.

Segue la trascrizione degli interventi (a cura di Ilaria Finotti).

Roberto Cicala: una fedeltà lunga 25 anni

Interlinea è il nome che mi lega a Carlo Robiglio, che saluterà alla fine, cioè due compagni di scuola, compagni delle medie, di tantissimi anni fa, che poi sono stati compagni anche in università e poi una sera, in una birreria alla periferia di Novara, Jamaica, hanno deciso che era bello provare a ripubblicare dei testi di valore che nessuno voleva più pubblicare, che sarebbero potute piacere a un certo pubblico, amante di chicche letterarie. E da lì, perché da cosa nasce cosa, alcune pieghe occasionali della vita diventano poi decisioni e scelte definitive: così è stato venticinque anni fa. Ricordo questo con un certo imbarazzo a dire personalmente di noi, mentre da editori preferiamo far parlare gli autori, ma mi fa piacere vedere tra il pubblico alcuni autori, giovani e meno – forse anche il più giovane e il meno giovane, ma non dico chi – e questo mi fa molto piacere; e soprattutto sono contento che l’anteprima di questo catalogo storico di Interlinea, inserito dal prof. Montecchi in una collana prestigiosa di storia editoriale di FrancoAngeli, che ringrazio, avvenga nel Laboratorio Formentini, per tutto quello che rappresenta, per tutto quello per il quale è stato costruito ed è stato pensato grazie a Luisa Finocchi che ci ospita e che abbraccio. Certo è difficile anche solo dire due parole su 25 anni di vita che io e Carlo abbiamo speso per questo progetto nell’idea che i libri possano ancora essere necessari e possano ancora trasmettere qualcosa.

Oggi alcuni compagni di strada che in questi anni sono stati accanto a Interlinea in modi diversi ci aiuteranno a leggere in controluce la filigrana di questo catalogo storico. In queste occasioni contano i ringraziamenti: i nostri sono alle migliaia di nomi che hanno costruito il catalogo, ossia il profilo, della nostra casa editrice, senza dimenticare gli altri mediatori, dai tipografi e dai promotori fino ai librai e ai bibliotecari, e soprattutto chi ci lavora quotidianamente – in redazione, in segreteria, all’ufficio stampa, all’ufficio tecnico, dalla scrivania delle riunioni del giovedì al magazzino – mettendo una parola dopo l’altra sulla carta come un piede dopo l’altro in un cammino che continua.

 

Gian Carlo Ferretti: un’editrice letteraria giovane e matura

Non sono certamente molte le case editrici che abbiano nel marchio il loro programma: Interlinea, lo sappiamo benissimo, è lo spazio bianco tra due linee, e quindi sottintende un’intenzione, un programma, quello di valorizzare lo spazio nascosto tra le righe, cioè pubblicare le cose trascurate, ignorate, dalla grande editoria. E quindi la prima cosa sono gli inediti, ovviamente, che richiamano sempre all’interno del catalogo la critica letteraria, la filologia: dico subito di testi curato dalla scuola di Maria Corti, con la rivista “Autografo”, e di certe edizioni nazionali come Boiardo e Verga. E dico anche subito un’altra cosa: un filo che lega un po’ tutto è il fatto che le scelte dell’editore Cicala sono le scelte stesse personali del critico e filologo Cicala ed è un fatto interessante.
L’attenzione agli inediti riguarda anche la marginalità come scelta e come valore, che richiama un modello, quello di Vanni Scheiwiller, piccolo e raffinato editore letterario da cui Cicala è andato a bottega condividendo e ricevendo, quasi come eredità, il testimone di un autore come Clemente Rebora. Allora ecco, subito, si coglie l’importanza dei dialettali, per esempio, che certo non sono stati molto privilegiati dalla grande editoria.
Si ricollega al valore della marginalità, della valorizzazione dello spazio bianco, delle radici, l’appartenenza regionale forte. La sede di Novara non è certo casuale, non solo perché Cicala e Robiglio sono cresciuti lì, ma perché il Piemonte, la piemontesità, è tratto importante di questo catalogo nel senso di apertura verso il mondo: quello che un po’ si potrebbe dire, con tutte le differenze, di Einaudi che ha sempre avuto una forte piemontesità ma una grande apertura culturale, con tutto quello che sappiamo.
Tra i molti autori che nella loro biografia e ancor più nella loro opera hanno tratti novaresi e piemontesi dovrei ricordare nomi significativi, di fama internazionale, come quello di Sebastiano Vassalli o di Gianni Rodari e poi ancora Mario Soldati. Ma l’autore che secondo me riassume meglio in modo emblematico la marginalità come scelta e come valore, e nella tradizione è Rebora, evidentemente, questo poeta che Pasolini definì «un maestro in ombra», emarginato, ingrato e anche, tutto sommato, penalizzato dal grande asse novecentesco egemonico Montale-Ungaretti-Quasimodo.
L’attenzione ai valori porta a una vena di spiritualità nel catalogo, che ha un momento originale nella collana “Nativitas”, sul tema del Natale, con non pochi cattolici accanto a laici come Consolo, Chiara e Rigoni Stern.
E bisogna ricordare, tra gli autori-maestri, Carlo Dionisotti, che è una presenza anche come consulente, autore anche studiato e pubblicato, che ha dato a Interlinea una sensibilità storiografica, un rigore e un’attenzione alle molte realtà italiane. Potrei citare anche Carlo Carena, Marziano Guglielminetti, ma infine vorrei ricordare Roberto Cerati, novarese d’origine, il grande alter ego di Giulio Einaudi, che è stato una presenza, come sappiamo, umbratile, segreta, silenziosa, ma molto più presente di quanto appaia dall’indice dei nomi.
 
Giorgio Montecchi: l’importanza di indicizzare la cultura
Mi è stato chiesto di presentare questo libro a cui tengo molto perché è una tesi di laurea nata come catalogo di un editore in piena attività. Alessandro Curini ha avuto la pazienza di fare un lavoro che difficilmente gli studenti riescono a portare a termine, perché un conto è elencare dei libri e un conto è elencarli con un’acribia che lui ha manifestato in questo catalogo, soprattutto riuscire in un’organizzazione non solo del catalogo ma anche degli indici, perché un catalogo senza indici è come un palazzo che abbia solo la porticina dietro e quindi come si fa ad entrare? Qui ci sono le mille porte che ci consentono di entrare nell’edificio del catalogo. E poi sono anche soddisfatto perché il catalogo è stato pubblicato in una collana che ha circa 20 anni di vita, impegnata proprio nel settore storico dell’editoria.
Indicizzare, dunque, significa avere molte possibilità di lettura, che ci consentono di accedere, di valutare, di vedere che cosa c’è in un catalogo di libri. L’altro elemento importante è storicizzare, con due dimensioni, due poli diversi, nei quali questi cataloghi possono giocare: offrire uno strumento, quindi della strumentistica, oppure offrire una storia e un racconto sulla casa editrice. Sono due elementi che giocano spesso tra di loro in modo complicato. In questo caso si è giocato dando prima uno strumento rapido, cioè quello alfabetico, il più standardizzato e il più facile; siamo a Milano e posso ricordare che c'è stata una battaglia durissima tra Sette e Ottocento per introdurre alla Braidense il catalogo alfabetico, che non volevano perché il catalogo alfabetico andava bene per le biblioteche popolari, per le biblioteche di basso uso, in quanto si va a cercare l’autore, mentre nella biblioteca storica, nella costruzione storica, conta l'ordine intellettuale, conta quell'ordinamento di contenuti e di materie perché è quello che ci dà il percorso.
Qui aver mantenuto il catalogo alfabetico ha valore perché vuole rappresentare l'organismo tipico di uno strumento che resta vivo. Certamente stiamo parlando di una casa editrice che ha molto cammino davanti e fossilizzarla con un metodo storico chiuso ovviamente nessuno ne aveva voglia. Contemporaneamente è uno strumento di lavoro: vado a cercare a che pagina si trova l'autore, oppure posso riverificare gli itinerari intellettuali e di ricerca, ad esempio con l’indice delle collane, che in generale sta prevalendo per una concezione aziendale delle case editrici. L'indice per collane significa accedere a quali progetti sono stati fatti in azienda, quali sono stati portati avanti, e in che modo, uno diverso dall'altro. Per Interlinea si può andare dal Natale, ovviamente, all’attenzione agli autografi letterari o alla poesia dialettale arrivando a tante altre cose, tra cui le radici di un territorio. Siamo in un territorio e quindi vediamo anche un volume sulle cinquecentine della Fondazione Marazza di Borgomanero, una delle più importanti negli anni cinquanta e sessanta. Quindi il catalogo dimostra le attenzioni a vari livelli, sempre nell'ottica del trasferire, del trasportare nei libri questa vita editoriale che si muove. Poi dovrei ricordare il Boiardo essendo io molto legato (ovviamente, essendo scandianese, confesso tutti i miei peccati) e ricordo quando si trattava di trovare un editore per un'iniziativa che stava partendo per il recupero della figura dello scrittore a livello di edizioni critiche; a un certo punto è venuto naturale scegliere proprio Interlinea; e non una scelta casuale, invece legata proprio a quella attenzione, alla cura filologica dei libri e dei testi che è fondamentale. È un giudizio di qualità che allora era stato motivo di una scelta che avevamo fatto e di cui adesso siamo molto soddisfatti.
 
Andrea Kerbaker: un’eleganza semplice, da Scheiwiller a Interlinea
Intervenire dopo tanto senno naturalmente è sempre difficile. Partirei proprio dalla pubblicazione che festeggiamo oggi: un catalogo storico di 25 anni, cartaceo. Lo trovo di un anacronismo così totale, così assoluto, in un’epoca in cui queste cose ormai vanno solo sul web, da essere delizioso e splendido. Già il fatto che una casa editrice scelga di celebrarsi con un catalogo storico cartaceo la dice lunga sulla vocazione folle che questi due signori, Roberto Cicala e Carlo Robiglio, hanno. D'altronde, come mi hanno raccontato, è in birreria nella loro Novara che è nata quest'impresa e quindi non poteva che essere un po' resa opaca dall'alcol, per procedere quindi sacramente lungo queste caratteristiche. È una cosa bellissima e la lega all’esperienza di un piccolo grande editore di poesia e arte come Vanni Scheiwiller. D'altronde si vantò tutta la vita pubblicando l'intervista fatta a un laureando (per l'appunto, come è neolaureato il curatore di questo catalogo e quindi tutto si tiene), che si chiamava Minuscoli – e uno che si chiama Minuscoli non poteva che fare la tesi su un editore “in sedicesimo” come Scheiwiller – il quale andò da Montale raccogliendo questa dichiarazione sorniona: «io francamente conosco Scheiwiller da mille anni, ma non lo capisco, non l'ho mai capito: fa dei libri che non so dove mettere perché sono piccoli e non so cosa farne. Fondamentalmente è un editore totalmente inutile». Ora questa è una cosa per la quale molti si sarebbero offesi; Scheiwiller l’ha ripubblicata cinquanta volte in tutti i suoi cataloghi: era felicissimo di questo suo essere anacronistico. Questo è certamente un legame forte tra le edizioni del Pesce d’Oro e quelle, controcorrenti e piccole nel loro provocatorio grigio, di Interlinea.
Quando è nata questa editrice, nel ’92, Scheiwiller c'era ancora, e sappiamo che è venuto qualche volta a Novara come il giovane Cicala è andato diverse volte da lui a Milano, ma, al di là alcuni autori che sono già stati menzionati, di sicuro ci sono alcune importanti caratteristiche formali di Interlinea che portano nei dintorni di Scheiwiller a partire dal formato: il sedicesimo per Interlinea è un formato usatissimo e prevalente, non a caso è il formato di un tascabile intelligente, senza sprechi di carta in stampa e confezione; anche il numero di pagine rimanda, appunto, a libri che raramente sono dei libri troppo densi, troppo pieni, ma vanno tra il centinaio e le 160 pagine; insomma libri tascabili che rimandano alla grande invenzione della tipografia nazionale, cioè Manuzio, con i “libelli portatiles” come li chiamava lui. Poi c’è la linea grafica, di un’eleganza semplice, la pulizia del frontespizio e con questa idea di avere in copertina, nelle collane appunto di piccolo formato (da “Lyra” al “Alia”, da “Passio” a “Nativitas”, classiche anche nei titoli), immagini molto limitate, molto chiare, e solo pochissime indicazioni che è esattamente la strada che Il Pesce d'Oro di Scheiwiller ha perseguito per anni. E, soprattutto direi, la pulizia dell’insieme: i libri di interlinea sono dei bei libri, sono stampati sempre bene, sono stampati con grande attenzione e qualità, nella scelta dei caratteri, a partire dal Simoncini Garamond, alla carta, avoriata e pura, fino alla rilegatura artigianale a filo refe e spesso alla tiratura numerata a mano, appunto come amava Scheiwiller.
E la cura editoriale: una cura redazionale d'altri tempi, una cura vera, anche con più di cinque bozze: una cura di chi percepisce nettamente il valore di quello che sta dentro e quindi il potere di ridere sopra qualcuno che gli dice «Ma dov'è l'utilità? Il senso economico di questo?»
Il senso economico di Interlinea non lo conosco, ma penso che ci sia se dopo 25 anni mantiene vivo il progetto editoriale, spero anche più di Scheiwiller, per le vicende che ebbe. Voi sapete che già Ezra Pound aveva detto che il padre di Vanni, il vecchio Giovanni, aveva trovato il modo di avere una perdita piccola ma costante. E ogni tanto un buon guadagno. Non so se anche questo accomuna Interlinea a Scheiwiller ma naturalmente, come ha già sottolineato il professor Ferretti, il nume tutelare di questa operazione letteraria fin dall'inizio è certamente, a scorrere il catalogo, il nome di Rebora, ed è un nome molto significativo, nel senso che quando Vanni prende diciassettenne la casa editrice dal padre (anche lui molto giovane, anche lui per un atto così, un po' di follia, gli uni in birreria e l'altro nello spogliatoio di un campo da tennis che decise di abbandonare per l’editoria, quindi ci troviamo in posti che non c'entrano con i libri, come biblioteche, università eccetera) la prima cosa che lui va a fare è recuperare una linea poetica che in quell'epoca è perdente, dimenticata, e recupera autori che praticamente negli anni venti e trenta forse nessuno legge e pubblica più, che sono Sbarbaro e Rebora, per fare due nomi. E con Rebora il rapporto sarà quello più intenso, nel senso che lui veramente andrà poi fisicamente a trovarlo e a ritirare a Stresa dalle sue mani anche le ultime poesie, i Canti dell’infermità. Come sapete Rebora, ormai nella maturità, aveva preso i voti e da allora considerava che la poesia non fosse più la sua attività, anzi per vent’anni non scrisse più, però proprio grazie all'attività del giovane editore Scheiwiller è tornato a pubblicare.
Qui il passaggio di testimone è evidentissimo tra Cicala e Scheiwiller: siamo nel ‘93 quando le prime pubblicazioni di Rebora entrano nel catalogo Interlinea, tra le prime del nuovo editore, e questo è un percorso che porterà poi, quando Scheiwiller non ci sarà più, a pubblicare quasi tutta l'opera di Rebora e molti inediti, di quelli che meritano, senza fare di ogni erba un fascio e del cannibalismo postumo come spesso capita. Naturalmente questo passaggio di testimone avviene gradualmente, soprattutto nei dintorni della poesia e con alcuni percorsi comuni. La poesia è la grande poesia ed è anche quella della linea lombarda: Luciano Erba è un altro legame, anche di frequentazioni, che si riflette nel catalogo. Con lui e altri poeti, come Mario Luzi o i più giovani Franco Buffoni e Patrizia Valduga, c’è l’idea e la preziosità delle edizioni numerate: è una grande caratteristica per tutti i librai antiquari, perché quando loro vedono che ci sono 500 copie il prezzo aumenta.
Nel catalogo trovo altri nomi, come Zanzotto (di cui Interlinea ha pubblicato l'ultima opera prima della morte), quindi tutta quella grande poesia è transitata certo attraverso le collane fondanti l'Italia letteraria tra le due guerre e il dopoguerra, dallo “Specchio” Mondadori alla “Bianca” Einaudi, ma è passata anche attraverso dei nomi nobilissimi dell’editoria piccola e Interlinea in questo c'è sempre stata.
Ci sono però due cose che mi fanno ancora imparentare Scheiwiller a Interlinea. La prima è che quando ancora Luciano Erba vinse il premio Bagutta era l'unico autore in 90 anni di Bagutta che alla premiazione si presentò senza copie del libro perché Scheiwiller non le aveva portate perché erano andate esaurite e non ne aveva ristampate. Ricordo che quando mi capitò di vincere lo stesso premio per l'opera prima, Orio Vergani mi chiamò e mi disse: «Devi dire a quel beota dell'editore di portare il libro, però!». E io risposi: «Vabbè, è normale, no?», e lui: «Appunto, è l'unico editore che in un caso si presentò senza». Guarda caso anche questa è una presentazione senza libro: in effetti è un’anteprima, ma speriamo che FrancoAngeli lo distribuisca bene. Ma c’è un’altra cosa che mi fa un po' tenerezza e mi porta un ricordo bellissimo che ho di vanni Scheiwiller: mille anni fa, quando pubblicò il mio primo libro, chiesi a Nelo Risi, altro grande poeta, di cui Interlinea ha annunciato qualcosa, se aveva voglia di fare una prefazione. Lui mi guardò e mi disse: «Pubblichi con Scheiwiller? Allora digli che io ti faccio la prefazione solo se lui recupera un libro delle lettere a mio papà di Lucini, il futurista, che gli avevo dato nel 1972 e che non ha mai pubblicato». Naturalmente era una battuta; la cosa clamorosa è che è Scheiwiller recuperò le bozze di quel libro in un baule dove se le era dimenticate, le spedì a Risi, e quel libro effettivamente uscì, con 25 anni di ritardo, con un errore in copertina: cioè Lettere di Lucini venne fuori come Lettere a Lucini. È uno dei rarissimi casi di errore in copertina di cui io ho una collezione speciale, perché ci sono delle cose molto divertenti. Allora mi ha un po' divertito perché naturalmente, siccome la fortuna è cieca ma la sfiga ci vede benissimo, avete invitato un autore ed è un autore di cui è sbagliato il titolo del libro nel catalogo. Perché il mio libro è Diecimila. Autobiografia di un libro ma il sottotitolo riporta in una pagina la parola Avventura. Lo dico con molto affetto per il giovane curatore: è un fatto che mi ha molto divertito perché ancora una volta è un errore che Scheiwiller avrebbe fatto di sicuro.
 
Armando Besio: editoria come virtù intellettuale e morale non esibita
Sono quarto e sono anche l'intruso a questo tavolo, essendo un onesto mediano della cultura e non un professore o un grande bibliofilo, per cui mi sono preparato il discorso B pensando di trovare qualcosa di originale o quantomeno di personale. Anni fa uscì un librone della Banca Popolare di Novara (quando le banche facevano i libri d'arte veri, non le cose inutili di oggi) e si intitolava Elogio dell'arte Novarese, scritto e curato da Giovanni Testori: c'era tutta l'arte che piace, vedremo anche poi perché, al nostro amico Cicala. Io farò un breve elogio dell'editore novarese.
Dai tempi dell'università mi è rimasta impressa una frase di Montale che non era una poesia ma una prosa che dice, parlando di un amico e della lezione che gli lascia: «Decenza quotidiana la più difficile delle virtù». Capita raramente di incontrare delle persone che mi ricordano questo modo di essere che Montale riconosceva nel suo amico, e Roberto è una di queste, dove la decenza quotidiana non è una riduzione di virtù ma è il massimo, secondo me, della virtù non esibita, virtù intellettuale ma soprattutto virtù morale. Io confesso il nostro conflitto di interessi, poi in realtà è una complicità di intellettuali, in parte anche affettiva, anche se non c'è mai stato tempo di diventare effettivamente amici.
Da anni Roberto collabora con le pagine culturali che io curo su “la Repubblica” e questa è una delle cose belle del mio lavoro: spero anche per lui lo sia. Adoro la sua dote principale che è la gentilezza, la dote che si è quasi completamente persa specialmente nel nostro mondo. Io ho una classifica delle persone più gentili che ho conosciuto e saldamente al comando c'è Edoardo Sanguineti: quando non ero nessuno, e come me tanti altri, gli telefonavi (lui era un dio della letteratura) e lui era un vero comunista, per cui trattava tutti esattamente nella stessa maniera; io lo ricordo per questo. Al suo fianco ci sono Mario Botta, l'architetto, e Roberto Cicala, l’editore. Gli articoli che manda al giornale (mi ha chiesto di parlare di quando arrivano i libri in redazione ma io vi dico prima di quando arrivano gli articoli) la scelta di argomenti è più o meno reciproca, alle volte sono io che suggerisco alle volte è lui che suggerisce, gli argomenti sono argomenti rispetto ai quali il 95% dei miei colleghi mi guarda fidandosi ma domandandosi «Chi se ne frega?», sostanzialmente; a me piace mantenere nelle pagine che curo, finché durerà, una nicchia appunto di anacronismo: è un anacronismo però interessante perché comunque c'è sempre un rapporto, tra le cose che pubblichiamo insieme, con Milano, la Lombardia, la nostra cultura, anche se quasi mai c'è un attualità stretta, se non il fatto che un libro nuovo è uscito e quindi il gancio, come si dice, è quello. Apprezzo dei testi di Cicala il piacere della scrittura che non si dimentica mai dei lettori, difetto cronico di molti giornalisti, soprattutto giornalisti intellettuali che solitamente sia nell'arte sia nella letteratura tendono a parlare più al loro giro che non a un lettore. La precisione, il gusto della citazione, il virgolettato: il mio grande maestro che forse qua qualcuno ha conosciuto, il mio primo maestro di giornalismo che si chiama Guido Arato, che ha compiuto 90 anni in questi giorni e che per anni ha fatto la cultura a Genova al “Secolo XIX”, mi diceva sempre: «In questo pezzo manca una riga e mezza», e la riga e mezza è quella cosa curiosa, spesso un virgolettato, che da un po' di sapore in più al pezzo; che se diventa più di una riga e mezza è troppo ma se non c'è la riga e mezza è troppo poco. E lui è molto bravo in questa capacità di distillare da un libro magari di cinquecento pagine quelle quattro citazioni distribuite nell’articolo che ti danno uno scatto in più. Ultima cosa: ha un approccio editoriale anche al giornalismo, perché i suoi pezzi (e questo è un caso più unico che raro) arrivano corredati da titolo, occhiello e fotografie; titolo e occhiello che io quasi sempre rifaccio non perché non vada bene ma perché l’ingombro raramente corrisponde, ma che è una cosa molto bella da ricevere. Un'altra cosa che ho pensato di Roberto Cicala (e parlando di lui inevitabilmente sto parlando anche della sua casa editrice perché tutto quello che dico di lui si rispecchia nei libri che ha scelto) è quella che il professor Ferretti nell'introduzione al catalogo storico di Interlinea definisce «vena cattolico-problematica».
Mi è venuta in mente una cosa, che così come Hitchcock diceva che il cinema è la vita senza le parti noiose, secondo me Cicala è la Controriforma senza le parti violente. Non è solo una battuta, perché in realtà lui è intriso di un cattolicesimo democratico che però io ricollego molto al cattolicesimo postridentino, di cui Novara è stata una delle sottocapitali nell'area del Milanese, direi più Federico che Carlo tra i Borromeo. Comunque un po' quel mondo a me emoziona molto essendo io stato educato, come Woody Allen, col Vangelo a bastonate, essendo rimasta questa forte passione un po' perversa per la Controriforma. Il bello della Controriforma appunto, esclusa la violenza che non era magari poca, era proprio l'idea di avvicinarsi al popolo, con l'orgoglio intellettuale di quello in cui si crede ma anche con una generosità pedagogica rispetto alle persone: secondo me Roberto e quindi Interlinea, la sua creatura cresciuta con l’amico Carlo, questo lo fanno, con rispetto, con responsabilità, con senso civico.
Oggi a Bookcity presento anche un libro sulle case milanesi dal 1920 al 1970, forse per voi inimmaginabile e noiosa che invece ha un suo fascino, in verità è sull’identità dell'architettura milanese del Novecento. Mentre preparavo in contemporanea questi due interventi, sfogliando le immagini delle case, notavo che c'è qualcosa che assomiglia ai libri di Interlinea, che è questa continuità di eleganza semplice, cioè una grande eleganza senza fronzoli, una modernità classica potrei dire, che appunto è una delle caratteristiche del Novecento milanese ma è una delle caratteristiche della bellezza dei libri di interlinea, che hanno una loro continuità nella varietà e che si distinguono per la riconducibilità e per l'eleganza, che sono fatti per durare, non solo da consumare.
Sfogliando il catalogo di Interlinea posso dire tre o quattro cose, tre o quattro titoli o collane che sono stati particolarmente interessanti visti dall'occhio giornalistico, con l’assoluta consapevolezza che l'occhio del giornalista è parzialissimo, quindi non è certo sinonimo di qualità. Le poesie di Natale mi sono sempre piaciute molto, per l'ovvia ragione che sono sul Natale ma anche soprattutto altrettanto ovviamente per come sono state scelte e per il piacere di questa tradizione.
Quando arriva un libro di Interlinea quasi mai in realtà sul giornale, nelle pagine di Milano, ne parliamo, perché raramente c'è un aggancio milanese, però per me è bello che arrivi. Ma ci sono autori di cui non si può non parlare, come Rebora, personaggio di cui abbiamo parlato spesso nelle nostre pagine, uno degli esempi anche dal punto di vista giornalistico del valore del recupero di persone che sono state appunto non soltanto intellettuali, ma delle persone che hanno avuto delle vite giornalisticamente interessanti. C'è la storia di Rebora, la guerra, la conversione, tutto quello che appunto sappiamo di Rebora si presta anche al racconto ed è stato molto bello per me dare spazio a questo racconto. Poi c’è La Marchesa Colombi: è l'idea del recupero di un romanzo che non conosce epoca, Un matrimonio in provincia, e mi è piaciuto che si accenda un faro su una delle attività interessanti di recupero che viene fatta da Interlinea. Poi cito il catalogo delle stampe di Dürer, che è altro capitolo interessante delle loro edizioni e mi dà lo spunto per fare un discorso sull'arte: tra l’altro è un libro stampato benissimo. E poi c’è il grande filone di Sebastiano Vassalli con cui mi piace concludere sapendo dell'amicizia che legava anche Roberto allo scrittore, un tipoco autore einaudiano, di cui Interlinea ha pubblicato molte cose. Per esempio ho scoperto L’oro del mondo: io avevo letto, come molti, La chimera e dopo La chimera, come molti, non avevo letto nient'altro di Vassalli; L'oro del mondo mi è piaciuto moltissimo ed è una delle tante cose che ho scoperto grazie al catalogo di Interlinea. Mi piace molto anche Terra d'acque, sottotitolo Novara, la pianura, il riso, con l’incredibile Silvana Mangano di Riso amaro in copertina, che non guasta. Ho con me La chimera. Storia e fortuna del romanzo di Sebastiano Vassalli di cui, per finire, vorrei leggervi qualche riga dell’introduzione al libro scritta da Cicala, che secondo me vale un po' anche come bilancio e come augurio. Si parla naturalmente della vicenda della Chimera: «Tutto finisce e basta? Forse no. Perché resta la storia di chi ha avuto o almeno intravisto la chimera, un sogno, un amore, anche se contraddetto e reso vano dall’opinione pubblica, dalla società, dal potere. Riuscire anche solo a scorgere e coltivare una verità pur senza essere in grado di realizzarla e raggiungerla vale un’intera vita di privazioni e genera una storia che la letteratura può raccontare». Grazie
 
Alessandro Curini: radiografia di 1178 volumi in 25 anni
Simbolicamente vorrei partire da Vassalli perché insieme a Maria Corti è stato tra i primi a credere nell'attività editoriale di Interlinea e l'ha accompagnata fino alla sua morte. Nella prima slide potete vedere due testi, uno originale Interlinea, Il mio Piemonte, “Edizioni illustrate e d'arte”, e una ristampa da Einaudi dell'Oro del mondo; di Vassalli si contano oltre 30 collaborazioni, tra testi come autore e collaborazioni varie, nelle collane oltre che nella cura delle collane stesse. Rebora è autore pubblicato da Scheiwiller inizialmente e in seguito da Interlinea con oltre 10 nuovi titoli attraverso gli anni; gli esempi che vi mostro sono tratti dalla collana “Lyra” e sono entrambi edizioni commentate, edizioni critiche; non sono le uniche ovviamente all'interno della collana di “Lyra”; si possono contare poi anche le edizioni di Boiardo e l’Edizione nazionale delle opere di Verga. Si possono vedere alcuni esempi di scrittori legati al territorio novarese ma noti anche a livello nazionale e non solo: La Marchesa Colombi era già stata una riscoperta einaudiana ma ovviamente poi la mole di testi pubblicati da Interlinea è ben superiore e si attesta attorno ai 10 circa. Idem dicasi per Dante Graziosi di cui Una topolino amaranto è il libro con cui si è dato avvio all'attività editoriale dell'editore (con una veste grafica diversa). Poi cito le varie edizioni junior, quindi “Le rane” che contano 3 collane: “Le rane”, “Le rane grandi” e “Le rane piccole” che sono le storie di Natale. Anche in questa linea abbiamo autori con radici novaresi ma fama nazionale: 5 testi circa di Elve Fortis de Hieronymis, qui negli albi Che tempo fa? che è l’albo illustrato delle “Rane grandi”, I viaggi di Giac; e poi Anna Lavatelli che ha pubblicato ben 18 titoli con Interlinea. Allora non si può non fare riferimento anche ad altri premi Andersen oltre a lei: Emanuele Luzzati, con circa 6 titoli come Alì Babà e i quaranta ladroni qui rappresentato, e Roberto Piumini con oltre 18 titoli tra cui anche due raccolte di poesia nella collana “Lyra” naturalmente per un pubblico diverso.
Per quanto riguarda i collaboratori ci sono molti nomi da fare; in primo piano sempre Vassalli attraverso un testo su di lui e con lui, un libro Intervista di Giovanni Tesio. Tesio (come in realtà tutti questi collaboratori, che hanno iniziato l'attività editoriale con Interlinea appaiono in diverse collane) è uno dei più indicizzati, con 38 titoli circa; seguono Giusi Baldissone con 19 titoli, Giorgio Bárberi Squarotti con 13, Giovanna Ioli con 23, Stefano Verdino con 20 e Giuseppe Langella con 17 circa.
Discorso a parte per gli illustratori: dalle copertine curate (e naturalmente anche con le illustrazioni interne) di Antonio Ferrara, già autore di Interlinea con oltre 20 illustrazioni e ideatore del logo, poi AntonGionata Ferrari con circa 11 (sempre nelle “Rane”), quindi Cecco Mariniello, circa 10 con testi di Piumini e Rodari, autore per il aule occorre fare il nome fondamentale di Mauro Maulini, nelle collane non per bambini, con 25 edizioni con sue illustrazioni, comprese le incisioni realizzate sempre ad hoc in selezionate edizioni limitate.
Per tracciare una sorta di bilancio dal 1992 al 2016 possiamo vedere quali sono le collane che ospitano il maggior numero di testi in Interlinea: come cifra assoluta “Nativitas” conta il numero maggiore: sono 91 testi, una media quindi di quattro uscite annue evidentemente concentrate nel periodo natalizio. Non è la sola perché anche l'attenzione che Interlinea ha riservato alla poesia nel corso degli anni è particolarmente importante ed esclusiva: contano nelle edizioni di “Lyra” in piccolo formato circa 75 pubblicazioni mentre nelle pubblicazioni di poesia a tiratura limitata, quelle con la copertina in carta color acquamarina, circa 74 pubblicazioni, quindi raggruppate 150 edizioni di sola poesia. Ma bisogna poi considerare che la poesia è compresa in molte altre collane compresa “Nativitas” e “Passio” in modo non esclusivo. La poesia tra l'altro è ovviamente oggetto anche di studio, non soltanto di raccolta poetica di per sé, e di conseguenza nelle collane di studi i testi legati alla poesia sono tra i più numerosi, con circa 80 pubblicazioni.
Quindi per tracciare un bilancio complessivo basato su dati, nel catalogo sono compresi (fino al 2016 ovviamente) 1178 testi: si tratta di circa 47 libri all'anno; una media non totalmente attendibile perché nei primi anni di attività i testi erano ovviamente meno, però si può dire che entro il 2000 gli anni di maggior pubblicazione sono stati il ‘96 e il ‘99 con 45 e 55 testi pubblicati; il più fortunato direi il 2001 con 71 testi. È una media che poi si è attestata sulle 50-60 pubblicazioni l'anno fino al 2010; dal 2010 in avanti fino ad oggi con 55-65 testi circa. La media delle pagine di un libro è di circa 150, perché complici le edizioni in piccolo formato, complici i testi per l'infanzia, i testi Interlinea ovviamente non sono particolarmente voluminosi se non le edizioni critiche e i saggi di studio a carattere universitario. Di conseguenza in 25 anni (questa è una curiosità in più) sono circa 7040 pagine all'anno, che significa sostanzialmente un'attività di 18-19 pagine al giorno. Questa è Insomma l'attività di interlinea in un breve excursus che si può sintetizzare con quanto scritto da Cicerone: «De libris quos complures brevi tempore edidimus», perché anche Interlinea ha pubblicato «in poco tempo una gran quantità di libri».
 
Carlo Robiglio: un progetto fondato sulla qualità
Non è mai semplice chiudere parlando di se stessi, degli amici, di un rapporto che nasce quaranta anni fa, anzi più di quaranta anni fa. Prima Roberto diceva: «sono passati moltissimi anni»; sì, numericamente sono davvero tanti, quaranta, però è come se fosse ieri. Ricordo ancora in prima media il giorno che ci siamo incontrati, chiaramente non aveva i capelli bianchi. E quando abbiamo fondato Interlinea io pesavo trenta chili in meno… Però devo dire che è stata una bella esperienza, soprattutto quella che ci ha portato a condividere le aspirazioni della vita che ci veniva incontro, con il fatto che non trovavamo qualcosa di bello, interessante e stimolante da poter fare, nel senso che io frequentavo giurisprudenza, Roberto lettere, ma lui non si vedeva professore, almeno allora, e io non mi vedevo avvocato. E allora quella sera, come ricordava Kerbaker davanti alla birra (forse se fosse stata una bibita analcolica probabilmente non sarebbe nata Interlinea), davanti a un bicchiere al vecchio Jamaica, una birreria storica novarese chiusa ormai da vent’anni almeno, davanti a quella birra abbiamo trovato forse il coraggio di metterci in discussione.
Abbiamo sicuramente cose in comune con Scheiwiller; anche quella, posso confermare, della perdita piccola ma costante sicuramente ci accomuna, ci ha accomunato per tanto tempo; l'auspicio naturalmente è quello di cambiare e dopo venticinque anni inizieranno gli anni della raccolta, ne siamo più che certi. Ma di una cosa andiamo orgogliosi, una tra le tante: il fatto di essere certi di aver coperto in qualche modo quello spazio bianco dell'interlinea, la convinzione di aver portato le radici allo scoperto, nella cultura italiana, quel senso di appartenenza che all'inizio ci fece ideare Interlinea come una casa editrice novarese che pubblicava riscoprendo valori del territorio. E anche nel momento in cui abbiamo fatto il salto andando a distribuire a livello nazionale collane che avevano più ampio respiro, come diceva il professor Ferretti ci siamo attenuti a quella piemontesità che in qualche modo avevamo dentro e di cui andiamo orgogliosi e che crediamo sia una linea guida in tutto ciò che facciamo: una sorta anche di understatement molto piemontese, l'essere coi piedi per terra. E così giorno per giorno abbiamo sempre lavorato, privilegiando la qualità, la qualità nelle edizioni, la qualità anche nella scelta della carta; certo si poteva risparmiare con una carta meno pregiata e una rilegatura più economica, ma ci ha sorretto sempre la convinzione di dover fare una scelta finalizzata alla qualità.
Questa qualità indubbiamente ha in parte penalizzato il conto economico: ça va sans dire è chiaro che se spendi qualcosa di più sulla carta poi alla fine dell'anno su cinquanta pubblicazioni ti ritrovi magari qualcosa di meno attaccato, però quelle grandi soddisfazioni morali a fronte di minori soddisfazioni economiche credo ci abbiano dato la possibilità di essere scelti per un catalogo storico dopo i primi 25 anni con la voglia di farne altri 25 e, dopo, altrettanti ancora. Il messaggio che stiamo dando, che abbiamo dato e che vorremo dare ancora è quindi un messaggio ancora fresco e pieno di aspettative e speranze. Grazie, davvero, a tutti!

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Il progetto di Interlinea nello specchio del catalogo dei primi 25 anni di libri

Catalogo storico delle edizioni Interlinea. I primi 25 anni di libri (1992-2016)

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